Il più grande successo ideologico della cultura dominante eletta a dogma di fede è la storia che i poteri pubblici siano delle entità fantasmatiche sprovviste di potere e di ogni possibilità di incidere sul reale, fatto totalmente sbagliato e profondamente falso, in linea con l’ideologia liberista dominante. Per cui, in questi anni, è passata l’idea assurda che il vero potere sia nelle mani della popolazione, che ogni responsabilità, economica, sociale, politica, sanitaria, sia in capo ai soli comportamenti individuali, mentre in realtà l’uomo della strada, come si diceva una volta, non ha nessuno strumento reale per intervenire e reindirizzare il corso degli eventi.
Cosa che, invece, è ancora nella piena disponibilità di chi detiene il potere politico, legislativo ed economico, ma il potere è interessato a far passare il racconto ideologico della sua inadeguatezza e impotenza, per non cambiare gli assetti vigenti, questa è la verità. Come si può paragonare chi ha il potere di battere moneta, di dichiarare guerra, del monopolio legale della violenza, di fare le leggi, di decidere o meno sullo stato d’eccezione, con il povero padre di famiglia che si arrabatta per sopravvivere? Ci rendiamo conto del dislivello di potere che esiste tra le due situazioni?
La stessa truffa ideologica è stata perpetrata nell’ambito decisivo delle società umane, la sfera dello scambio economico, nella quale, ad uno sguardo non distratto e un po’ ravvicinato, agiscono stereotipi in stile “uomo della strada”, o, per meglio dire, “buon padre di famiglia”, secondo i quali tra una banca centrale che “stampa” moneta fiat e una famigliola della periferia milanese che paga un mutuo ad una banchetta locale per comprarsi la casa, non ci sia alcuna differenza, e giù con consapevoli dosi di colpevolizzazioni da parte di una classe politica complice, perché il debito pubblico è come quello privato, bisogna pensare alle future generazioni, non ci si possono permettere spese particolari perché i soldi sono limitati e come una famiglia che limita uscite o vacanze, lo stato deve tagliare ospedali e investimenti se vuole stare nei limiti di un bilancio sempre più povero.
Insomma, la ben nota equivalenza stato-famiglia che tanti danni ha fatto e continua a fare sul tessuto sociale e proprio sulle possibilità di futuro delle prossime generazioni, invece bisogna dirlo a caratteri cubitali: LO STATO NON E’ UNA FAMIGLIA! Se questa assurda equivalenza sarà smontata da un’opera culturale, simbolica e politica non più rimandabile, allora forse potremo sperare in un cambio di paradigma che è essenziale per mutare il quadro delle compatibilità date, che condiziona la vita degli stati e di tutti noi.
Gli stati, per il tramite delle banche centrali, al contrario del povero capofamiglia senza potere, sono in grado di sostenere le rispettive economie nazionali, d’altronde, lo abbiamo visto in questa pandemia, da quando è iniziata, è tutto un profluvio, per gli Usa, il Regno Unito, il Giappone, la Russia, la Cina, di sostegni illimitati ai cittadini e alle imprese. Se si può fare adesso, si potrebbe fare sempre? A questa domanda bisognerà farsi trovare preparati con una risposta politica di massa, se si vogliono cambiare realmente le cose.