Nell’epoca della pandemia COVID il dibattito si va incentrandosi inevitabilmente sulle politiche sanitarie – o meglio epidemiologiche, lasciando in ombra molte questioni che hanno animato le discussioni del decennio precedente. Oramai nessuno più disputa sull’eurozona o sulle politiche monetarie, se non nel più ovattato dibattito accademico.
Il testo di Sergio Cesaratto, Sei lezioni sulla moneta (Diarkos 2021), fa da seguito al suo fortunato Sei lezioni di economia (Imprimatur 2016, recentemente tradotto in spagnolo) ci riporta ad un’epoca più interessata a discutere i temi delle discipline economiche. L’autore, docente di Politica monetaria e fiscale europea e di Economia della crescita e dello sviluppo presso l’università di Siena è stato il protagonista di numerose occasioni di divulgazione e confronto su tali temi in un decennio (2010-19) che ha visto la crisi dei debiti sovrani e in cui molti commentatori hanno criticato il ruolo dell’euro. Ad una simile esigenza è diretto il libro, e così il lettore cui si indirizza, spaziando dallo studente universitario al cittadino interessato che ritiene – giustamente – che una base concettuale di tali discipline sia essenziale per la comprensione delle dinamiche del mondo contemporaneo.
In questo nuovo testo (che può essere letto parallelamente e con profitto col volume precedente) l’autore affronta le questioni centrali dell’economia monetaria. Il saggio riprende dalla contributo del 2016 anche la struttura divulgativa: la spiegazione dei concetti viene spesso intermezzata da una voce che impersona il lettore chiedendo delucidazioni, approfondimenti e ponendo delle questioni. In tal modo si riproduce un po’ la dialettica docente-discente, dando un andamento meno freddo e asettico di quanto non sarebbe un saggio tradizionale.
Si tratta di un volume corposo, più di 400 pp. suddivise in sei capitoli, rispettivamente dedicati a: come le banche creano moneta (1); la politica monetaria com’è normalmente (2); le politiche monetarie non convenzionali – cioè poste in atto dalla BCE per far fronte alla crisi (3); la politica monetaria com’è definita dalle teorie tradizionali (4); e com’è invece comprensibile alla luce di teorie alternative (5); una descrizione del sistema dei pagamenti europeo (6).
Da un lato l’autore, con ampie citazioni di studi delle stesse banche centrali, afferma che il funzionamento della produzione di moneta è un fatto oramai non più troppo controverso, e solo i cascami di impostazioni oramai largamente confutate possono provare a negare; dall’altro essendo gli obiettivi possibili plurimi, occorre confrontarsi con diverse visioni teoriche per capire come utilizzare tale “cassetta degli attrezzi”.
L’utilità di un testo come questo è duplice. In esso risiede un interesse conoscitivo indubbio, in un panorama in cui spesso nelle stesse università la trattazione della moneta è assai deficitaria o vista nel riflesso della teoria economica prevalente, senza riguardo alla sua effettiva adeguatezza.
Tuttavia si tratta di conoscenze necessarie per il cittadino che voglia farsi acquisire gli strumenti per una vera coscienza democratica. La politica monetaria è stata spesso proposta come una mera trascrizione neutra di leggi inflessibili e immutabili. Ad una vista più ravvicinata si vede invece come risulti forte una sua “politicità”: determinate scelte avvantaggeranno taluni ceti e ne colpiranno altri. È quindi evidente che se talune politiche vengono fatte passare come quelle “oggettivamente” giuste, anche i benefici che essi generano verranno percepiti come inevitabili ed immutabili – come un tempo si reputava che essendo le classi superiori poste da Dio i loro privilegi fossero non sono inevitabili ma giusti.
E similmente, il dispiegarsi di possibilità di scelte diverse – tanto nell’ambito della scelta delle classi dirigenti che delle politiche monetarie – è alla base della necessità di conoscere quali di esse siano percorribili e chi avvantaggino. Sarebbe auspicabile che i decisori politici avessero un livello di comprensione adeguato a costruire delle proposte idonee alle rispettive visioni, anziché restare imprigionati dalla pretesa immodificabilità e necessità derivanti da teorie oramai considerate desuete dalle stessa banche centrali.