Già dal titolo metto subito in chiaro la mia tesi: se pensavamo di essere fuoriusciti dalla logica dei governi tecnici, con la dipartita politica di Draghi, verso un governo finalmente politico, seppur di segno per me irricevibile, dovremo, con ogni probabilità, ricrederci in fretta: insistenti voci nei corridoi romani, riportate dalla stampa, darebbero il futuro governo Meloni infarcito di tecnici, di “competenti”, in buona sostanza sotto la pesante ipoteca dei soliti poteri euroatlantici che definiscono da tempo il perimetro delle politiche economiche e non solo che all’Italia è consentito fare.
C’è chi, addirittura, parla di Draghi come del “Lord Protettore” del futuro governo della Le Pen della Garbatella, della Thatcher de noantri, insomma: sembra proprio che da Draghi passeremo ancora a…Draghi, seppur in spirito, e raccomandazioni e rassicurazioni a Bruxelles e a Washington. Un contrappasso straordinariamente paradossale soprattutto per chi ha pensato di votare, nella campagna elettorale appena finita, per un partito, FdI, e una leadership, quella della Meloni, completamente all’opposto della implacabile logica draghista, quella delle rigide compatibilità finanziarie e di bilancio sotto la stretta sorveglianza delle autorità europee. E invece pare che ci ritroveremo una riedizione del governo Draghi sotto mentite spoglie politiche, almeno stando ai rumours romani.
Ma non è la prima volta, in Italia come in Occidente, ricordiamo le esperienze del centrosinistra italiano della Seconda Repubblica che si presentava in campagna elettorale con battaglieri propositi antiberlusconiani salvo poi scendere a patti, Violante dixit, con il Cavaliere, o la scialba presidenza Hollande, in Francia, eletto sulla base di una piattaforma fortemente critica verso la finanza, tradita subito dopo le elezioni. La Meloni viene buon’ultima nella lista dei politici che tradiscono il mandato conferito dagli elettori, sempre che le voci che aleggiano sui palazzi romani siano vere.
Un nucleo di verità, però, c’è in questo, e cioè che nell’Unione Europea strettamente vincolata ai dettami del rigorismo tedesco, dell’ossessione per il debito pubblico, per i vincoli di bilancio e per il mantra austeritario, sempre vivi e vegeti nonostante il breve periodo del rilassamento pandemico, non c’è posto per politiche di segno diverso, o anche solo timidamente divergenti dall’ortodossia neoliberale. Nell’era dei “mercati” che giudicano le politiche di stati sovrani dando i voti, e conseguenti patenti di affidabilità o meno, non è possibile fare nulla di diverso da quello che desiderano i potentati economici, pena la morte finanziaria.
Questo è, e non riguarda solo la Meloni, ma tutti, compresa una ipotetica forza socialista, che in Italia ancora non si vede all’orizzonte, che dovesse vincere le elezioni. Ecco, questo aspetto kafkiano della mostruosità politica e giuridica che ci sovrasta e governa per me definisce meglio di ogni altra considerazione, anche fondata, la dimensione profondamente tragica della politica contemporanea. In conclusione: sempre che si materializzeranno queste voci, provvisoriamente possiamo rilevare uno spettacolare paradosso politico: la Meloni, messasi da sola all’opposizione di Draghi e in ragione di questa mossa capace di lucrare un consenso notevole, anche di stampo antidraghista, in realtà al governo del paese dimostrerebbe una forte consonanza con i dettami dell’ex banchiere centrale! Chapeau.