Questa è una storia che ebbe inizio poco più di quarant’anni fa. Grazie all’articolo 32 della Costituzione, “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti” sono state possibili riforme epocali e innovative che hanno portato progresso sociale e benessere. Mi riferisco principalmente alla legge 833 del 1978 che istituì il Servizio Sanitario Nazionale ma non possiamo dimenticare che sempre durante quell’anno furono approvate altre due leggi fondamentali: la legge 180 sulla chiusura dei manicomi, a rimarcare una diversa visione della malattia e della salute mentale, e la legge 194 per l’interruzione volontaria di gravidanza, quale affermazione della determinazione della donna sul proprio corpo. Purtroppo già all’ indomani dell’approvazione della riforma che tentava di coniugare l’ambito medico sanitario con la giustizia sociale, iniziò una lenta e progressiva messa in discussione delle conquiste ottenute per riconsegnare ai privati parti sempre maggiori degli interventi sanitari e lasciare gli ambiti di intervento socio assistenziali alla libera e onerosa discrezione delle famiglie.
Il primo colpo in tal senso fu la riforma del 1992, quella del ministro della sanità Francesco de Lorenzo, che trasformò le USL in aziende la cui gestione doveva essere affidate a un direttore generale, uno amministrativo e uno sociale. Il loro operato prenderà a modello il sistema di finanziamento del mondo assicurativo americano. Stessa sorte toccherà ai grandi ospedali: divenire aziende ed essere finanziate tramite sistemi drg di controllo e contenimento della spesa. Infine ci fu la riforma del 1999 che, grazie alla ministra Rosy Bindi, ha consolidato e rafforzato il processo di aziendalizzazione del SSN modificandolo ulteriormente fino a farlo diventare quello che è oggi: tutte quelle complesse funzioni e attività che sono i servizi sanitari regionali, gli enti e le istituzioni di rilievo nazionale. Poi riforme vere e proprie non ce ne sono state ma sono arrivati gli angeli sterminatori: Monti, Letta e Renzi che in soli quattro anni, tra il 2012 e il 2015, hanno tolto al SSN più di 27 miliardi di euro.
I loro alfieri in casa nostra sono state le giunte di Enzo Tondo prima e di Debora Serracchiani dopo. La prima, utilizzando il linguaggio autoritario del sistema di potere, non ha avuto paura di sfornare “interventi organizzativi con carattere di urgenza” che hanno sospeso le attività di interi reparti, come i punti nascita (degenze ordinarie di Ostetricia, Pediatria, Neonatologia e attività di sala parto) di Gorizia e Latisana. La seconda non ha esitato a ridurre i posti letto pressoché ovunque, come si evince sin dalle sue prime Linee di Gestione (DGR n.2305/2013) che mettono “in campo azioni regionali che favoriscano il contenimento dei costi”. Questa scelta ha portato a stravolgere l’attività degli ospedali di Cividale, Sacile, Gemona e Maniago con tagli di strumenti e personale, oltre che di posti letto come certificato, un esempio per tutti, dalla delibera 2673/2014: 579 posti letto per acuti in regione. Anche la Corte dei Conti, attraverso il rapporto ‘Controllo sulla gestione afferente al settore della sanità regionale anni 2014-2017, ha bocciato senza appello la sanità targata centrosinistra. Queste alcune parole. “Il coordinamento della presente attività di controllo con quelle svolte in ambito nazionale dalla Sezione delle autonomie della Corte dei conti ha permesso di evidenziare il peggioramento registrato nel 2016, rispetto al 2012, nelle dotazioni delle strutture ospedaliere pubbliche regionali, con un decremento di impianti, apparecchiature e attrezzature disponibili in Friuli Venezia Giulia manifestatosi in misura ben più ampia rispetto a quanto accaduto nella altre regioni”.
Purtroppo l’emorragia continua: se osserviamo i dati a livello complessivo, possiamo dire di essere passati dai 5040 posti del 2013 ai 4300 del 2018.
Quindi non da oggi, i capisaldi di quello che nel frattempo è diventato uno dei due pilastri del “welfare sanitario” italiano è messo in seria discussione. Scelte politiche sbagliate che hanno una paternità certa, ne sono la causa. Negli ultimi dieci anni si potevano e si dovevano fare scelte diverse ma chi ci ha governato, da destra a sinistra, ha preferito ricette a base di tagli e sacrifici. Per questo motivo il sistema sanitario nazionale è in fibrillazione e non più in grado di affrontare questa pandemia in maniera dignitosa.