Negli ultimi trent’anni governi di vario colore non hanno fatto altro che applicare le ricette liberiste, con gli esiti disastrosi che sono sotto gli occhi di tutti: ceto medio al collasso, aumento vertiginoso delle diseguaglianze tra la parte più ricca e quella più povera della società, interi settori produttivi del paese smantellati, delocalizzazioni in omaggio alla teoria della “globalizzazione buona” che avrebbe portato benefici per tutti, esplosione delle povertà, disoccupazione strutturale, salari in arretramento addirittura rispetto agli anni ’90, abolizione di ogni politica industriale, insomma, un fallimento su tutta la linea. Perfino il contenimento dell’inflazione, obiettivo sacro dell’ideologia europeista, è stato mancato clamorosamente. E anche questo governo neomissino non fa eccezione, prosegue sulla via tracciata da Draghi, nel disinteresse per ogni prospettiva di ripresa del paese.
Ho letto e riletto il Sole e non capisco come la Meloni possa affermare con la sua sicumera da inconsapevole che hanno messo “in sicurezza il tessuto produttivo”: come, con quali strumenti? Non è dato sapere. Nonostante tutti i fallimenti provocati, il paradigma neoliberale continua ad essere il prontuario terapeutico d’elezione delle classi dirigenti europee e italiane, senza che nemmeno un barlume di critica si levi nell’opinione pubblica. Non solo, il messaggio politico lanciato con questa manovra è chiarissimo su un punto: dal 2024 non esisterà più il reddito di cittadinanza, vero perno politico sul quale è ruotata tutta la campagna elettorale di FdI, il totem polemico che ha definito l’identità di questa aggregazione politica che ha voluto un mandato dagli elettori per smontare lo strumento principale che, a detta dell’Inps, ha supportato fasce consistenti della popolazione in difficoltà salvandole dalla povertà totale. La guerra ideologica e politica della Meloni è ai poveri, non alla povertà, in ossequio al mandato dei suoi padroni.