Nell’immaginario comune occidentale, e quindi anche italiano, spesso e volentieri la Russia viene rappresentata come un paese estraneo, cui si guarda con diffidenza, ostilità, superiorità, o addirittura timore. L’origine di questi sentimenti può essere individuata prima di tutto nell’estraneità dello sviluppo dello stato russo rispetto a quelli europei, estraneità che diventa ancora più marcata dopo l’affermazione del regime sovietico e il successivo coinvolgimento nella Guerra Fredda.
La Russia infatti, grazie alla sua posizione geografica e alla sua storia, è sempre stata una nazione a cavallo tra due mondi: da un lato quello occidentale (con cui possiamo indentificare l’Europa e in seguito gli Stati Uniti) e dall’altro quello orientale (con cui si fa riferimento in modo ancora più sfumato e relativo a diverse civiltà asiatiche), portatori di valori diametralmente opposti. Per questo, nel corso della storia, molti russi si sono posti il problema di definire il ruolo della loro nazione e il percorso che essa dovesse seguire.
Il primo a compiere un passo decisivo verso l’Occidente è Pietro il Grande, iniziatore di numerose riforme per “europeizzare” la Russia: tali riforme riguardano sia aspetti puramente formali come il divieto di portare la barba e l’obbligo di vestirsi all’occidentale, sia aspetti cruciali come la fondazione nel 1703 della nuova capitale San Pietroburgo.
La città viene identificata fin da subito come “finestra sull’Europa” (l’espressione è del viaggiatore veneziano Francesco Algarotti, che la visita nel 1740), sia per la sua posizione, sia perché viene edificata su modello delle città olandesi e da architetti perlopiù europei (italiani in particolare).
San Pietroburgo diventa quindi il simbolo dell’occidentalizzazione del paese, un’occidentalizzazione però violenta e forzata, perché la città viene costruita in una zona paludosa e del tutto inospitale in cui perdono la vita migliaia di schiavi (per questo già all’epoca di Pietro si diceva che la città fosse costruita sugli scheletri).
Sulla questione dell’identità della Russia si concentrerà poi, nella prima metà dell’Ottocento, quello che possiamo definire il maggior dibattito della cultura russa moderna. A partire dalla critica letteraria si delineano due correnti di pensiero: quella dei cosiddetti slavofili e quella dei cosiddetti occidentalisti, il cui obiettivo principale era la definizione del rapporto della Russia con l’Occidente.
In breve, gli occidentalisti guardano alla Russia come un paese arretrato che deve seguire il percorso di modernizzazione tracciato dall’Occidente, e pertanto vedono nelle riforme di Pietro il punto di partenza per uno sviluppo della Russia come nazione moderna; gli slavofili sostengono, al contrario, che l’Occidente sia individualista, disgregato, razionale ma privo di etica, mentre idealizzano i principi cristiani e autenticamente slavi della Russia pre-petrina.
All’interno di queste due prospettive diametralmente opposte troviamo naturalmente una costellazione di posizioni intermedie, come quella del poeta e critico letterario Apollon Grigor’ev, che sosteneva la necessità di riappropriarsi delle tradizioni nazionali, ma con l’arricchimento della cultura europea. Riflessioni di questo genere possono sembrare ormai superate, ma in realtà costituiscono degli spunti di riflessione molto interessanti ed estremamente attuali.
È quindi legittimo chiedersi: cosa rimane al giorno d’oggi di questa necessità tutta russa di definire la propria identità in rapporto all’Occidente? Ne possiamo trovare ad esempio alcune tracce nel recente dibattito sulle sorti della penisola di Crimea, come anche nei dubbi sull’inclusione o meno della Federazione russa nel progetto europeo, e nei rapporti politico-commerciali che il paese instaura con Pechino da un lato e con l’Europa dall’altro.
È inoltre interessante notare l’ambivalenza generale che ancora permane sulla posizione della Russia nei confronti dell’Occidente, ambivalenza magistralmente riflessa dai discorsi pubblici di Vladimir Putin, in continuo equilibrio tra sintonia e tensione con l’Europa e gli Stati Uniti.