In queste settimane ho proposto una serie di articoli che hanno ripercorso, seppur in maniera sintetica, la storia della Repubblica di Weimar e quella del suo stato più grande, la Prussia.
Ho cercato di portare all’attenzione di chi ci segue le vicende del Land prussiano, perché è dalle sue traversie interne che abbiamo visto acuirsi gli scontri tra le due sinistre, quella comunista e quella socialdemocratica, e il sopraggiungere di un consenso di massa verso il nazismo.
Ci sono però alcuni fatti che a mio avviso meritano di essere sottolineati con attenzione. Il primo, e forse il più importante, ha a che fare con la perdita di credibilità: quando un’istituzione perde le sue basi di legittimità presso il popolo, di fatto, collassa. E questo lo si evince chiaramente quando i due partiti, quello nazista e quello comunista, risultando maggioritari, portarono, per obiettivi diametralmente opposti, alla morte di quella esperienza. Morale: se la popolazione non trova una valida causa per sostenere un determinato regime, perché esso non risolve i suoi problemi, quel regime stesso rischia seriamente di implodere. Non solo: se implode in assenza di un progetto democratico e radicale, la prospettiva non può che essere fortemente reazionaria.
La coalizione di Weimar formata dai socialdemocratici, dai cattolici e dai liberali di sinistra lentamente scese da una posizione di netto vantaggio elettorale ad una che, pur facendone una minoranza molto forte, non poteva reggere l’urto di chi voleva annientare la Repubblica.
E questo ci porta al secondo punto: il ruolo avuto dalle classi dominanti nell’ascesa del nazismo e quindi, nella distruzione di un assetto politico democratico, retto da una costituzione con diritti, doveri e libertà garantite.
Cosa accadde, ad un certo punto? Che la borghesia, non volendo rispondere alle richieste della parte più vulnerabile della società, desiderosa di veder realizzato un sistema economico più giusto, non si è fatta scrupolo di liquidare il sistema democratico in luogo di uno che ne difendesse il suo tornaconto.
I partiti che avrebbero dovuto difendere gli interessi popolari diedero il loro sostegno a governi che inflissero pesanti costi al mondo del lavoro. La perdita di fiducia che ne derivò, con una parte dei lavoratori che si rivolsero al partito comunista, e, dall’altra, con una borghesia ed un mondo agricolo che guardarono ai nazisti, ci conduce alla seguente riflessione: quando delle forze politiche nate per difendere i diritti dei più deboli diventano garanti di un sistema ingiusto, commettono, paradossalmente, il primo e decisivo passo per annientare il sistema stesso.
In conclusione, fra tutte le domande e le risposte che scaturiscono dall’analisi di quegli eventi, ritengo che un fattore abbia inciso più di ogni altro sulla fine repentina di quella esperienza: la perdita di fiducia.