Missione compiuta! La crisi del Ministero Conte pilotata dal degno erede dell’Olonese, come il grande giurista Cordero definiva Berlusconi, il pirata di Rignano, al secolo Renzi, il sicario tosco-saudita per conto terzi, e in questi terzi mettiamoci un bel pezzo di Confindustria, poteri finanziari assortiti e la pancia eternamente reazionaria della maggioranza silenziosa del paese, ha trovato il suo approdo, forse un piano meticolosamente preparato dall’inizio, nel sicuro porto del classico banchiere che si presterebbe alla più classica delle operazioni politiche italiche: il governo tecnico.
Che di tecnico non ha nulla ma è solo un grimaldello per spoliticizzare ulteriormente la sfera pubblica, acquisire per mezzo della stampa e della televisione compiacenti un profilo fintamente “neutro”, e far ingoiare al popolaccio infame le immancabili riforme strutturali che la imbelle classe politica non riesce ad inculcare a popolazioni riottose, soprattutto dopo una pandemia sfiancante che ha bloccato il waterboarding eurofolle.
Questo è il succo della storia, chapeau ai poteri occulti e non che hanno lavorato per questo esito, una torbida vicenda nella quale i congiurati “ufficiali”, i Renzi di turno, non sono che i reparti d’assalto incaricati del lavoro sporco, ma i veri pianificatori, i mandanti politici e di classe, oso utilizzare questa parola desueta del novecentesco lessico politico, sono nella cabina di regia dell’Ue e non solo, sono disseminati nei gangli vitali della catena di comando del liberismo politico ed istituzionale.
Perché questo esito della vicenda? Potrebbe sembrare, a questo punto della ricostruzione delle intenzioni politiche dei complottatori per conto terzi, che il governo Conte, il Conte Secondo, per la precisione, fosse l’ultimo avamposto di un gabinetto socialista in piena emergenza proteso a favorire interessi popolari e di classe obnubilati in questi due decenni di repressione politica e finanziaria made in Europe, e che andasse difeso a tutti i costi. Nulla di tutto questo, ovviamente.
Come ha notato Tommaso Nencioni, con una felice immagine, questo era semplicemente, per cause esterne e interne, un governo di tregua che, complice la sospensione dei rigidi parametri europei per la pandemia, aveva risparmiato al paese l’applicazione pedissequa della fallimentare precettistica neoliberale, la nuova (s)ragione del mondo, che ha segnato disastrosamente il pianeta dalla caduta del Muro in poi.
Certo, anche prima, nel senso che l’ideologia neoliberale ha radici più antiche e profonde, ma possiamo dire che la vera presa ideologica sulle società evolute del mondo è stata dal 1989 in avanti. Quindi: sospensione del Patto di Stabilità, deficit alzo zero, Bce che finalmente “lavora” come una banca centrale normale, sussidi e bonus come minimo sindacale di uno stato che cerca di venire incontro ai suoi cittadini-esercenti-imprenditori, cassa integrazione in deroga come esperimento inedito mai tentato prima, e blocco dei licenziamenti, fatto unico nel panorama europeo.
Tutto questo col passare dei mesi stava cominciando a diventare insopportabile per i padroni del vapore dentro e fuori d’Italia, con annessi pennivendoli e porgitori di microfoni al seguito, da qui l’inizio dell’operazione Renzi, il mormorio contrario al governo che monta ogni giorno sempre di più, complice anche errori marchiani del Presidente del Consiglio nella gestione della seconda ondata, fino a sfociare nella crisi e nel tentativo penoso di Fico di reincollare i cocci.
Il messaggio del complesso politico e istituzionale che copre gli interessi dei detentori delle leve del comando capitalistico è chiarissimo: si può derogare momentaneamente dal corso del liberismo di governo, e solo per fatti gravissimi come l’aggressione pandemica, ma bisogna tornare al più presto al tran tran del martellamento quotidiano che ci ha reso più poveri e più indifesi: solo l’impresa può avere voce in capitolo, l’unico futuro possibile è quello di masse di disperati ex appartenenti al ceto medio che sono costretti a fare gli “imprenditori di sè stessi, cioè ad arrangiarsi, niente aiuti mascherati come lotta ai “furbetti del bonus”, il nuovo asset di un giornalismo che ha dichiarato da anni il proprio fallimento, in sintesi: la sacralizzazione dell’acronimo che ci sovrasta e governa da 30 anni: T.I.N.A, there is no alternative.
E Mattarella ha chiamato Draghi ad interpretare questa ennesima fase della morte della politica, una nuova versione del governo Monti, che tanti danni ha fatto al paese. Tempi bui ci attendono.