Il 22 marzo ricorre la Giornata dell’acqua, quasi dieci anni dallo storico referendum, significativa ricorrenza dedicata a un bene che dovrebbe essere comune, tutelato dal pubblico e accessibile a tutti, così come prevedeva il referendum del 2011. Acqua, elemento per la vita, diventato prezioso più dell’oro e del petrolio, ricercato ambito, diventato mira del bussinses internazionale, acqua bancarizzata e finanziarizzata, a rischio la Vita del pianeta.
Sono stati garantite le speranze del referendum 2011?
Ricordiamo bene il referendum del 12 e 13 giugno 2011, quando 26 milioni di cittadini italiani decisero che sull’acqua non si sarebbe potuto più fare profitto e ricordiamo bene le parole di Stefano Rodotà: “I beni comuni ci parlano dell’irriducibilità del mondo alla logica del mercato, indicano un limite, illuminano un aspetto nuovo della sostenibilità” (da “Il diritto di avere diritti”, Editori Laterza, 2012).
Parole negate dagli sviluppi della questione.
Come mai l’acqua è mira dei poteri forti? Lo diventerà sempre di più?
Già oggi, secondo i dati dell’Onu, 1 miliardo di persone non ha accesso all’acqua potabile e 3-4 miliardi non la possiedono in quantità sufficiente. Anche quest’anno 8 milioni di persone – 4 volte in più di quelle morte per Covid-19 nel 2020 – sono morte a causa di malattie legate all’indisponibilità di questo bene prezioso. Nonostante la Terra sia il pianeta blu per antonomasia, di acqua ce n’è sempre meno, a causa del riscaldamento globale, e ne servirà sempre di più, perché la popolazione della Terra sta aumentando a ritmi che non conoscono sosta, così come il benessere economico globale e la domanda di cibo, per produrre il quale serve il 70% dell’acqua di cui disponiamo.
Cosa s’intende per bancarizzazione e finanziarizzazione dell’acqua?
Credevamo che, dopo il risultato del referendum, i Governi si sarebbero impegnati sul tema, per un rispetto della volontà dei cittadini, garantendo l’acqua, ma dobbiamo invece constatare che i poteri pubblici non prendono posizione e non agiscono. Si è affermata, invece, la privatizzazione della gestione dei servizi idrici nelle mani di società private, per le quali l’acqua è puramente un prodotto utilitario, società definite, permettete l’ironia, “utilities”. Con la Direttiva Quadro Europea sull’Acqua dell’anno 2000, in Unione europea i poteri reali di decisione nel campo dell’acqua sono stati affidati agli stakeholders (i portatori d’interesse) le cui scelte, specie per le società multiutilities e, ad ogni modo, delle società idriche quotate in borsa, sono valutate e giudicate dai mercati borsistici.
Cos’è la bancarizzazione?
Con il termine bancarizzazione dell’acqua, come ci dice il prof. Riccardo Petrella (Forum dei Beni Comuni), s’intende non fornire la distribuzione dell’acqua per certi periodi ma bancarizzarne sia il diritto di uso in futuro sia il risparmio per un uso altrui, in cambio del pagamento o della consegna in natura. Le “banche dell’acqua” sono state piuttosto diffuse negli Stati Uniti, in particolare in California, ed in Spagna, ma non hanno dato i risultati sperati.
E la finanziarizzazione dell’acqua?
Il 7 dicembre scorso alla Borsa di Chicago (la CME – Chicago Mercantile Exchange, la principale Borsa del mondo in questo settore) è stato lanciato il primo “futures” sull’acqua/merce. I futures sono dei contratti a termine in base ai quali le controparti, acquirente e venditore, si impegnano a scambiarsi a un determinato prezzo (detto “futures price”) ad una scadenza prefissata, un bene specifico. I futures price fanno parte del gruppo detto dei prodotti derivati. Nasce così una nuova fase della speculazione finanziaria su scala mondiale. Nei “futures” non si procede alla consegna materiale del bene con il passaggio fisico da una mano all’altra. Quando i futures dell’acqua avranno raggiunto un livello normale di operatività, un milione di m³ d’acqua di un qualsiasi Paese a basso reddito, di proprietà di una banca svizzera, gestito da un agente commerciale europeo e destinato ad un’impresa di produzione agricola americana, avrà cambiato proprietari e acquirenti e, evidentemente, avrà un valore più alto, solo allora l’acqua, il nostro oro blu, che non era mai uscita dal primo Stato, verrà consegnata proprio all’ultima scadenza del contratto.
Come si presenta il nostro futuro?
Noi che teniamo sotto osservazione i Trattati di libero commercio, monitorando l’insidiosa presenza delle Multiutility, delle multinazionali e della grande finanza, dobbiamo denunciare non solo le predazioni di un neoliberismo senza regole ma soprattutto la tragedia dell’attacco a un Bene come l’acqua che è sinonimo di VITA per tutti gli organismi viventi. Quando l’ultima goccia d’acqua verrà finanziarizzata, cosa berremo? come coltiveremo i nostri prodotti? quale pianeta consegneremo alle future generazioni? OPPONIAMOCI alla finanziarizzazione dell’acqua.
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