La misura è colma. Oggi in tutta Italia i lavoratori e le lavoratrici che offrono il loro servizio al gruppo internazionale Amazon, incroceranno le braccia per ventiquattro ore. Anche il centro di deposito di Tavagnacco, attivo da novembre 2020 con una sessantina di dipendenti, tra addetti interni ed indotto, è interessato dalla lotta sindacale. I lavoratori non possono più stare zitti. Scioperano. Mentre la società che li paga registra valori di capitalizzazione di mercato pari a $1.58 bilioni (superando Microsoft), loro, i lavoratori, ricevono paghe da fame, sono costretti a turni massacranti e a insopportabili pressioni.
Parliamo di un settore in continua crescita. Fin dalle prime esternalizzazioni dei servizi di spedizioni di merci, avvenute fra la fine degli anni novanta e la prima metà degli anni duemila, in seguito alla liberalizzazione del mercato delle merci, l’ambito non conosce crisi. È dominato da grandi gruppi nazionali e internazionali che ne detengono il controllo. Secondo uno studio di Unicredit pubblicato nel 2019, il ramo logistica e trasporto merci in Italia è rappresentato da più di 15.000 imprese con un fatturato di oltre 70 miliardi di euro e ottocentomila addetti impiegati. Il comparto nel complesso è in crescita anche per il ruolo che si sta ritagliando l’e-commerce, +22% annuo tra il 2015 e il 2018, con oltre 24 miliardi di fatturato.
Torniamo a noi. Negli scorsi giorni è saltato il tavolo tra sindacati e azienda sulle trattative per il contratto di secondo livello. Gli argomenti di discussione che sono risultati indigesti alle parti datoriali sono presto detti: la verifica dei carichi e dei ritmi di lavoro effettivi, la contrattazione dei turni, il corretto inquadramento, le clausole sociali per il mantenimento del lavoro in caso di cambio del fornitore, l’indennità per il rischio Covid e per gli eventuali danni, i criteri di stabilizzazione dei precari.
I Sindacati che hanno proclamato lo sciopero sanno che non sarà facile. Come in determinati casi di picco di attività, non è escluso che l’azienda tenti di implementare la distribuzione dei loro prodotti anche attraverso i servizi di altre Società e brand a sostituzione di lavoratori in sciopero. Questo comportamento, continuano i Sindacati, verrà interpretato come comportamento antisindacale e come tale considerato.
La lotta non sarà facile ma questo è il primo passo necessario nell’unica direzione possibile, quella della restituzione di valore e dignità ai lavoratori.