Il sistema dei luoghi comuni inesatti e faziosi, teso ovviamente alla realizzazione di precise finalità politiche, nel nostro Paese è così invadente da aver toccato i temi più disparati. Tra questi, anche quello della legge elettorale, punto cruciale per gli equilibri democratici italiani. Quello che ci sentiamo ripetere da trent’anni è che una legge elettorale debba avere come obiettivo quello di “far sapere agli italiani chi abbia vinto la sera stessa delle elezioni” , di “eliminare i piccoli partiti che tengono in ostaggio i governi” e di “garantire la governabilità per 5 anni”.
Ovviamente, chi ripete queste frasi sostiene che il modo migliore per fare tutto questo sia avere una legge elettorale maggioritaria. Nella maggior parte degli ultimi 30 anni, tuttavia, i desideri di costoro sono stati esauditi, ma gli obiettivi che avevano tracciato non sono mai stati raggiunti. Intendiamoci: la deriva maggioritaria non si è concretizzata solo con l’introduzione dei sistemi propriamente detti maggioritari, ma anche attraverso lo snaturamento di quelli che dovevano essere proporzionali, mediante premi di maggioranza abnormi o con sistemi misti che rendessero necessarie le coalizioni pre-elettorali, oltre che fondamentale la parte maggioritaria.
E allora, perché ancora si continua a gran voce a chiedere il maggioritario? Semplicemente perché gli obiettivi sono ben altri rispetto a quelli dichiarati. Gli ultimi decenni, infatti, ci hanno dimostrato come il maggioritario non abbia risolto il problema di sancire vittorie chiare e nette, né quello di far dipendere le sorti del Governo da piccoli partiti personali. Anzi, paradossalmente esso aggrava tutte queste problematiche, perché non basta cambiare una legge elettorale per annullare le divisioni reali e concrete, nonché la frammentazione che caratterizza da sempre la società italiana.
Chi sostiene il maggioritario ne è perfettamente consapevole, ma da un lato sogna di poter fare tabula rasa di tutto ciò andando verso un bipolarismo inesistente nei fatti, ma funzionale a fare in modo che ogni volta tutto cambi affinché nulla cambi; dall’altro in alcuni casi ha interessi personalistici che sono molto più facili da perseguire in un quadro in cui siano assenti le culture politiche.
Perché il vero obiettivo principale di questo sistema, applicato alla società italiana è questo: sfavorire la formazione di culture politiche, con il conseguente ritorno dell’uguale ad ogni elezione, in una sempiterna lotta tra liberali di sinistra e liberali di destra. Il tutto condito da una vita politica incentrata sulla figura dei singoli leader, che in questo quadro vengono investiti inevitabili di presunti poteri taumaturgici.
Il PD, proprio in questi giorni, sta venendo meno a quella che era stata la promessa per convincere gli elettori a votare a favore del taglio dei parlamentari: l’introduzione di una legge elettorale proporzionale. Questa sarebbe stata l’unica soluzione concreta al disastro democratico a cui quella sciagurata riforma porterà nella prossima legislatura, limitando di netto la rappresentanza.
Il proporzionale, infatti, con un’adeguata soglia di sbarramento, permetterebbe di ricreare delle culture politiche alternative, che potrebbero crescere lentamente, ma con le dovute garanzie di rappresentanza, senza doversi coalizzare prima delle elezioni con partiti e forze già esistenti, snaturando inevitabilmente la loro natura alternativa. Dopo le elezioni sarebbero necessarie delle coalizioni per governare, ma, essendo queste formate finalmente da forze dotate di una cultura politica, la cosa pubblica non si ridurrebbe al garantire una briciola di potere ai soliti noti. Inoltre, il proporzionale avrebbe il grandissimo merito di portare in parlamento le divisioni concrete e reali della nostra società, dando loro rappresentanza.
Far finta che queste non esistano e cercare di nasconderle sotto un tappeto è un tentativo di inquinare la democrazia. Il taglio dei parlamentari costituirà un danneggiamento della nostra democrazia a prescindere dalla legge elettorale, ma con un sistema proporzionale e con la reintroduzione delle preferenze, per ristabilire un rapporto diretto tra parlamentari e cittadini si potrebbero limitare i danni. Così probabilmente non sarà, e si proseguirà verso la lenta erosione della vita democratica e del pensiero alternativo di questo Paese.