Capisco lo sconcerto, ma se il punto era impedire la vittoria della destra più oltranzista e “identitaria” allora bisognava fare un accordo con Conte e il M5S, per impedire il cappotto nei collegi uninominali, questo è. Tutto il resto è uno stracciarsi le vesti a tempo abbondantemente scaduto, oramai il latte è versato. Invece a me pare che il punto politico dirimente per Letta e anche per gli altri dirigenti nazionali del Pd, che ora spiegano in lungo e in largo le ragioni di una crisi politica costruita da loro stessi pazientemente in lunghi anni di occupazione del potere, fosse un altro: la sterile rivendicazione di una presunta Agenda Draghi per proseguire il lavoro avviato dal banchiere conservando il consenso che aveva costruito attorno a sé, e, last but not least, punire Conte che aveva osato mettere in dubbio la validità di una linea politica di totale subordinazione a Washington e a Bruxelles dopo che il M5S si era dedimaizzato.

Questa è stata la pietra dello scandalo. I fatti successivi sono noti, inutile tornarci, alla gente non interessava nulla dell’Agenda Draghi, né di Draghi stesso, e il Pd rimediava l’ennesima brutta figura elettorale, abbondantemente al di sotto del 20% con 800mila voti assoluti in meno rispetto al 2018, un vero capolavoro politico all’incontrario, molto veltroniano. Cioè: non capire regolarmente nulla quando si sta al governo, e in campagna elettorale, salvo poi riprendersi nel post elezioni “tornando nelle periferie”, all’insegna del frusto slogan: “Dobbiamo ripartire dai territori”…Questa destra non ha fatto sfracelli, non era incontenibile, sono loro che al contrario sono proprio scarsi, oltre che accecati dall’ideologia.