“Nel 2017 la spesa sanitaria pubblica in Italia è stata pari al 6,6% del Pil, un valore inferiore di circa tre punti percentuali a quella in Germania (9,6%) e Francia (9,5%), di un punto percentuale rispetto al Regno Unito, e di poco superiore a quella di Spagna (6,3%), Portogallo (6,0%) e Repubblica Ceca (5,8%).
I dati Ocse relativi all’arco temporale 2000/2017 mostrano, soprattutto a partire dal 2009, la progressiva perdita di peso del comparto sanitario sul Pil rispetto a quello dei maggiori paesi europei: se nel 2000 Francia e Germania spendevano per il servizio sanitario due punti percentuali di Pil in più rispetto all’Italia (rispettivamente 7,5, 7,7 e 5,5%), nel 2017 il divario è cresciuto a sfavore dell’Italia di tre punti percentuali.
Anche l’indicatore della spesa pro capite mostra il sottodimensionamento relativo di quella italiana: nel 2017 la spesa pubblica italiana (espressa in dollari a parità di potere di acquisto) è stata pari a 2.622 USD, ossia inferiore del 35% a quella francese (4.068 USD) e del45% a quella tedesca(4.869 USD), con un divario che cresce, rispetto a quello dell’anno 2000, rispettivamente di 10 e di 15 punti percentuali.”
“Se nel 2008 l’incidenza della spesa out of pocket (spesa diretta delle famiglie) sulla spesa sanitaria totale era sostanzialmente simile in Francia (21,8%), Germania (23,8%) e Italia (22,3%), nel 2017 il divario a sfavore dell’Italia è di circa 10 punti percentuali; Francia e Germania, nello scorso decennio, hanno perseguito politiche mirate ad incrementare il grado di copertura pubblica della spesa totale, mentre l’Italia l’ha ridotta, è ciò fa sì che l’Italia, pur avendo una spesa complessiva (pubblica e privata) inferiore del 57% a quella tedesca e del 42% a quella francese, abbia una spesa privata pro capite(655 euro) di poco inferiore ai livelli francese (665 euro) e tedesco (668 euro).”
Ecco, seguendo il linguaggio apparentemente asettico della Corte dei Conti, nel suo Referto sulla gestione finanziaria dei servizi sanitari regionali, presentato al Parlamento nel 2017, scopriamo le ragioni delle difficoltà strutturali emerse in questa pandemia da parte del sistema sanitario italiano, sia a livello di ospedali che a livello di sanità territoriale, molto spesso rimasta nel limbo delle buone intenzioni, ottime per riempire lo spazio di un talk show o di un comizio, ma insufficienti quando bisogna dare risposte alla domanda di salute della popolazione.
Il giudizio dei giudici contabili è netto: in un decennio, prendendo solo il dato della copertura pubblica sul complesso della spesa sanitaria globale, l’Italia è arretrata rispetto a Francia e Germania, che, invece, hanno seguito un percorso inverso.
La relazione è molto articolata e complessa, ma basta riportare questo elemento per realizzare la cialtroneria di una intera classe dirigente, politica e burocratica, impregnata di slogan liberisti, e riduzionisti del perimetro del pubblico rispetto al privato, che, dopo aver compiuto disastri a ripetizione, invece di scappare in qualche luogo sconosciuto per non tornare mai più a devastare il paese, è più pimpante e arrogante che mai, e addirittura si candida a gestire il futuro, cioè, dopo aver definanziato per più di un decennio comparti essenziali come la sanità, o gli Enti Locali, gli stessi si candidano a chiedere il MES perché “gli ospedali scoppiano”, perché ci vogliono i soldi!
Veramente incredibile la faccia tosta di questa gente, e soprattutto la mancanza di reazioni da parte dell’elettorato e della cittadinanza democratica diffusa, silente e rassegnata mentre dovrebbe chiedere conto a gran voce di questo disastro epocale.