Il primo vero banco di prova per la democrazia in Prussia e in Germania fu il tentato colpo di stato ordito dai settori della vecchia classe dirigente e di parte dell’esercito con il ruolo fondamentale della marina.
Il pretesto fu l’accettazione del trattato di Versailles e il conseguente ridimensionamento delle forze armate, che da circa 400.000 componenti si sarebbero dovute ridurre a 100.000. Questo tentativo di insurrezione, iniziato il 13 marzo 1920 e passato alla storia come il “putsch di Kapp”, dal nome del cancelliere che avrebbe dovuto prendere il potere, si risolse in 5 giorni.
Le principali cause del fallimento del colpo di stato furono le indecisioni in seno ai vertici militari, uno sciopero generale che bloccò tutta la federazione e l’unità delle sinistre nell’affrontare senza sconti i putschisti.
Per la Prussia il risultato principale fu un rafforzamento delle nuove istituzioni e, con il socialdemocratico Otto Braun nel ruolo di presidente e Carl Severing al ministero dell’interno, la costituzione di una dirigenza più assertiva nel consolidamento del nuovo corso politico. Per stabilizzare la situazione e costruire un’amministrazione affidabile dal punto di vista democratico, Carl Severing realizzò un’importante riforma. In che modo? Con il licenziamento di numerosi alti funzionari anti-repubblicani e l’assunzione di nuovi dirigenti. In totale, un centinaio di importanti funzionari pubblici vennero mandati in pensione.
Particolare attenzione fu prestata alla riorganizzazione della polizia, visto che era lo strumento più importante nelle mani dell’esecutivo prussiano per il mantenimento dell’ordine costituzionale. Sotto la responsabilità del Ministro degli Interni Severing, Wilhelm Abegg, di spiccata fede repubblicana, fu nominato capo delle forze dell’ordine e divenne la figura decisiva per l’attuazione del rinnovamento. L’azione più incisiva anche in questo campo fu la sostituzione dei vecchi funzionari con nuovi e più affidabili elementi.
Un problema grosso, che però non trovò soluzione, riguardava non tanto il livello dirigenziale, ma la maggior parte dei poliziotti; questi, infatti, erano ex soldati professionisti, per la gran parte conservatori, e alcuni continuavano a mantenere legami con organizzazioni di destra.
Nel settore giudiziario praticamente non si riuscì ad intervenire e molti giudici rimasero sostenitori della monarchia. Nei processi penali politici, ad esempio, gli imputati di sinistra venivano giudicati più duramente degli estremisti di destra. L’autonomia dei magistrati era stata esplicitamente sancita dalla Costituzione ed i partiti del centro furono riluttanti a dare il via libera ad un profondo intervento in questo settore. Anche se nelle nuove assunzioni si prestava attenzione agli atteggiamenti politici dei candidati, il ricambio dei magistrati fu molto lento e una stima fatta nel 1932 ci dice che solo il 5% dei giudici era repubblicano.