L’emergenza epidemiologica che ha investito il nostro paese, determinata dalla diffusione del Covid-19, è senza dubbio senza precedenti: la velocità di contagio e il conseguente lockdown hanno determinato la necessità di interventi urgenti volti a sostenere i lavoratori, le famiglie e le imprese. Il Governo ha adottato quindi una serie di misure finalizzate a ridisegnare un nuovo volto della cassa integrazione, unica misura atta a garantire un reale sostegno economico a milioni di lavoratori. Non sono state le camere ad esercitare il potere ad esse spettante, troppo lungo e tortuoso l‘iter parlamentare, si è scelto quindi lo strumento che maggiormente risponde ad esigenze di urgenza e necessità, come la stessa Costituzione ribadisce, quello del decreto legge. L’esecutivo è stato chiamato quindi ad operare ed ha mostrato così la sua incapacità, inadeguatezza ed inefficienza.
La cassa integrazione è un’ ammortizzatore sociale finalizzato a sostenere economicamente il salario dei lavoratori in situazioni di difficoltà per l’impresa. Nel panorama attuale essa non è unica, ma ramificata e classificata con diversi nomi, tutti rispondenti alla medesima ratio legis: la cassa integrazione ordinaria, quella straordinaria, la cassa integrazione in deroga per le aziende non rientranti nel settore merceologico della cassa integrazione ordinaria, la cassa integrazione per gli operai agricoli, il fondo di integrazione salariale di recente istituzione per le aziende appartenenti a determinati settori i quali contino almeno 5 dipendenti occupati nell’ultimo semestre, i fondi bilaterali dell’artigianato. A questa complessa costellazione sono collegati adempimenti ed iter parzialmente differenti, istanze che seguono percorsi e tempistiche diverse. Al fine di ovviare ad eventuali abusi della stessa, la legge fissa , giustamente, una serie di paletti per potervi accedere legati all’anzianità dei lavoratori, al calo di fatturato dell’azienda, al settore di appartenenza, requisiti che sono venuti meno con il primo intervento normativo.
Un Governo preparato avrebbe dovuto in primis istituire un’unica cassa integrazione limitando i complessi iter burocratici che connotano da sempre l’operato del nostro legislatore, ma così non è stato fatto in quanto si è limitato ad abbattere i paletti di cui sopra senza rendere però efficace l’intervento necessario ed urgente. Si sono dovute quindi attendere circolari esplicative degli istituti prima di trasmettere in concreto le varie istanze. Un Governo realmente interessato alle fasce meno abbienti, viste le lungaggini burocratiche ed i chiarimenti che stentavano ad arrivare, avrebbe dovuto garantire, attraverso un assegno ai nuclei familiari sotto un certo reddito, un sostegno immediato. Così non è stato fatto, con il risultato che ad oggi ci sono ancora lavoratori che stanno attendendo il pagamento della cassa integrazione di maggio.
Facendo un passo indietro va chiarito questo aspetto: solitamente, alle aziende, salvo casi strettamente valutati ed autorizzati da commissioni ad hoc, viene richiesta l’anticipazione del trattamento di cassa integrazione, ma, vista l’emergenza e la carenza di liquidità in una larga fetta del settore privato, la manovra legislativa ha ammesso il pagamento diretto da parte dell’ INPS ai lavoratori, e in alcuni casi questa è diventata l’unica opzione possibile. Giusto, legittimo e comprensibile, peccato che l’INPS stesso, sovraccaricato di lavoro, si è trovato a gestire una quantità spropositata di istanze da evadere rispetto alle sue reale capacità, causa l’insufficienza numerica del personale. Il sottonumero di dipendenti pubblici (pensiamo al settore sanitario), peraltro in un contesto di scarsa formazione, è il risultato di quasi trent’anni di avanzi primari, di decenni nei quali si è creduto che lo Stato fosse il problema e il privato la soluzione. Pensate che nella UE , solo l’Olanda, il Lussemburgo e la Germania hanno una percentuale inferiore di dipendenti pubblici rispetto al totale degli occupati mentre nei Paesi scandinavi sono addirittura il doppio dei nostri.
Nel caos generale, a cascata, tutti gli addetti ai lavori si sono trovati spaesati, incerti, carichi di lavoro, in un mare magnum di norme incomplete, interpretazioni vacillanti, circolari tardive e siti istituzionali congestionati che hanno causato lungaggini e ritardi davvero inammissibili a danno della parte più fragile della popolazione. Insomma, governo bocciato.