Abbiamo tutti constatato come, a partire dal 24 febbraio 2022, la politica e i principali sistemi di comunicazione dell’emisfero occidentale non hanno lasciato spazio ad alcuna versione interpretativa della guerra in Ucraina che fosse alternativa alla propria.
Un’impostazione seccamente ribadita dal Presidente degli Stati Uniti, Joseph Biden, in occasione dei lavori della più recente Assemblea generale dell’ONU: sovranità, integrità territoriale, diritti umani – sono i principi delle Nazioni Unite. […] Eppure, per il secondo anno consecutivo questa assemblea, deputata alla risoluzione pacifica dei conflitti, è oscurata dall’ombra della guerra – una illegale guerra di conquista, condotta senza provocazione dalla Russia contro il suo vicino, l’Ucraina. […] La Russia – soltanto la Russia porta la responsabilità di questa guerra. (1)
Dunque, le ostilità armate in Ucraina devono scaturire da un disegno di conquista concepito da parte del Presidente della Federazione russa, Vladimir Putin, e dal suo apparato di governo. Questo espunge dal discorso qualsivoglia ipotesi di corresponsabilità dei Paesi occidentali, in particolare degli Stati Uniti d’America. L’argomento è intonato così: la dirigenza russa sogna il ritorno ai fasti dell’impero autocratico zarista o comunque ostenta, con varie sfumature, manie di grandezza. Putin deve necessariamente essere un inguaribile espansionista e questa brama, si sa, va di pari passo con l’aggressività. L’aggressività, inoltre, deve comportare il disprezzo per i diritti umani, per cui Putin risulterà sicuramente una copia di Adolf Hitler. (Con il corollario che un capo di stato di tal fatta verrà certamente accusato di genocidio, crimini di guerra ecc., finendo per essere deferito davanti alla Corte penale internazionale dell’Aja).
In molti fra accademici, analisti, giornalisti ecc., hanno cercato di sottoporre alla prova dei fatti la teoria dell’aggressività di Mosca. Vale a dire, hanno cercato di verificare se l’unica tesi ammessa in occidente – un Paese espansionista e aggressore che muove l’esercito alla cattura di nuovi territori – sia credibile, specie se posta a confronto con la storia degli ultimi decenni. In altri termini, gli analisti un tantino più cauti e accorti si sono chiesti se valga la pena di svolgere un’indagine oggettiva sulle cause del conflitto.
Qui, il tema è quello dei contrapposti interessi delle parti in causa.
La postura dei politici e dei canali informativi occidentali è stata subito quella di collocare fuori dal campo visivo eventuali interessi della Federazione russa rispetto alla complessa situazione esaminabile nel quadrante ucraino. Il riconoscimento di eventuali interessi russi potrebbe ingenerare il sospetto di una plausibilità delle azioni di Putin, conferendo ad esse una qualche legittimità.
Se invece si afferra l’accetta e si taglia dall’analisi qualsiasi interesse estraneo rispetto a quelli occidentali, il portato è quello che continuiamo a sentire anche dopo diciannove mesi di guerra. (Come avviene in uno stadio, si fa il tifo per la propria squadra, punto e basta; ci si schiera per scelta preconfezionata, non importa cosa faccia l’avversario).
Putin deve essere l’aggressore e l’aggressore ha sempre torto. Va solamente combattuto. Il terreno della politica e delle relazioni internazionali si basa, però, su presupposti piuttosto diversi rispetto a quello in cui si disputano le competizioni sportive.
Su un piano maggiormente realistico, diverse analisi (meno superficialmente allineate con la versione dominante di “spiegazione” della guerra fornita dal febbraio 2022) hanno evidenziato nella vicenda il ruolo della NATO a guida statunitense, sia nella preliminare creazione delle condizioni che nel successivo innesco dell’invasione russa dell’Ucraina. (Per creazione delle condizioni si intende l’espansione dell’Alleanza militare occidentale fino ai confini russi e per innesco della guerra si intende la penetrazione “di fatto” della NATO in Ucraina (2), accompagnata da svariate esercitazioni militari congiunte).
Il tutti condito con la sottoscrizione di intese formali, dirette a una sempre più stretta cooperazione militare interoperativa, avvenuta da parte dei vertici politici americani e ucraini.
Un ruolo nella crisi, quello della NATO, che è sempre stato recisamente negato dagli esperti di parte occidentale. L’organizzazione militare atlantica viene costantemente descritta come difensiva e dedita al perseguimento della pace. Tuttavia, può capitare a volte che un discorso tenuto al fine di rafforzare la convinzione circa la bontà della propria posizione finisca per rivelare aspetti che, di fatto, la indeboliscono.
È quanto è successo all’ineffabile Segretario generale della NATO, il norvegese Jens Stoltenberg, al cospetto della Commissione esteri del Parlamento europeo il 7 settembre 2023.
L’instancabile vena bellicista di Stoltenberg doveva essere corroborata dalle dichiarazioni che egli ha prodotto. Tali dichiarazioni hanno in effetti dato prova, una volta di più, della tetragona determinazione della NATO a non recedere dai suoi propositi e a non riconoscere alcun fondamento legittimante gli interessi di Putin. Però, hanno anche messo in luce che è stato proprio l’allargamento della NATO – fino a includervi “di fatto” il Paese ucraino – il motivo che ha spinto i russi all’azione di forza. (3)
È da notare e tenere a mente che il concreto timore russo del suddetto allargamento è sempre stato rigettato con disprezzo e considerato mera ipotesi irrealistica da parte degli organi politici – con orchestra di stampa al seguito – di area filoatlantica.
Per potersi vantare dell’ingresso nell’Alleanza della Finlandia e, a breve della Svezia, Stoltenberg ha detto che Putin, nell’autunno del 2021, aveva inviato uno schema di accordo chiedendo alla NATO di firmarlo. L’accordo prevedeva la promessa di fermare l’ampliamento della NATO. Si trattava della precondizione per non invadere l’Ucraina. “Naturalmente, non l’abbiamo firmato”, ha detto il Segretario.
Il sottinteso del discorso è: siamo forti, facciamo quello che ci aggrada. Non siamo interessati alle preoccupazione altrui. I russi volevano arginare la nostra espansione e noi abbiamo aperto la NATO alla Finlandia e alla Svezia.
Ha continuato Stoltenberg: “È avvenuto l’opposto. Lui voleva che firmassimo la promessa di non allargare ancora la NATO. Voleva che rimuovessimo dai Paesi alleati che avevano raggiunto la NATO dal 1997 le nostre infrastrutture militari, il che significa metà della NATO, l’Europa centrale e orientale, […] introducendo una sorta di serie B, o affiliazione di seconda classe. Abbiamo respinto questo. Così, ha iniziato la guerra per evitare che la NATO si avvicinasse ai suoi confini”.
Insomma, Putin stava chiedendo un accordo generale di sicurezza europea. Fra l’altro, chiedere di togliere le installazioni militari dai membri dell’est Europa (3) non equivale a rinunciare all’appartenenza all’Alleanza atlantica. Ma Biden e la NATO gli hanno sbattuto la porta in faccia. Stoltenberg ha, in fin dei conti, ammesso ciò che è sempre stato negato. Putin ha iniziato la guerra in Ucraina per evitare che la NATO si avvicinasse ai suoi confini”. Ma alla NATO non hanno voluto sentire ragioni.
Altro che conflitto non provocato!
Evidentemente, gli Stati Uniti e la NATO confermano che gli unici interessi a contare sono i loro. Per prima viene la volontà l’occidente collettivo, culla della civiltà e della democrazia. Gli altri Paesi devono subire di buon grado o piegarsi con la forza.
Questa è la qualità della classe dirigente che ci ritroviamo.
Per questo rischiamo di trovarci sempre più sull’orlo della Terza Guerra Mondiale.
Note
1) https://www.youtube.com/watch?v=WqYtzBc5xTo
2) Dopo il rovesciamento nel 2014 del governo “filorusso” e l’insediamento di un governo “filoamericano”, gli USA hanno continuamente inviato armi e risorse finanziarie all’Ucraina affinché questa combattesse contro le popolazioni russe autonomiste del Donbass
3) https://www.nato.int/cps/en/natohq/opinions_218172.htm?selectedLocale=en
4) Molto probabilmente, il riferimento è al dispiegamento di batterie missilistiche offensive con sistema ABM in Polonia e in Romania, in grado di lanciare anche ordigni nucleari. Inoltre, nel 2019 gli USA hanno receduto dal Trattato del 1987 relativo alle armi atomiche di raggio intermedio