Se si intendesse seriamente cominciare una trattativa di pace con la Russia, bisognerebbe porre sul tavolo della discussione le ragioni per le quali l’aggressione all’Ucraina ha avuto inizio. Bisognerebbe, cioè, parlare del futuro assetto geopolitico dell’Ucraina, e in particolare del Donbass e delle altre zone russofile, nonché della generale postura della Nato nell’est Europa. Invece si procede verso un ‘escalation’ del conflitto. Il fronte atlantico decide di continuare a provocare Putin. Pare che qualcuno, a occidente, non disdegni affatto la possibilità di un’estensione della guerra.

Dopo il pittoresco viaggio a Kiev di Macron, Shulz e Draghi, il Consiglio europeo, con impalpabili motivazioni – se non quella simbolica di compattare psicologicamente l’occidente – ha deciso di conferire all’Ucraina e alla Moldova lo status di candidate all’ingresso nell’Unione europea. Inoltre, ha deciso di concedere la medesima prospettiva europea alla Georgia. Ora, è del tutto inedito che a un paese in guerra – del quale non è dato sapere quali porzioni di territorio resteranno prossimamente sotto un governo ucraino e in quali condizioni materiali tale territorio si troverà – si dia una simile prospettiva. A meno che non si pensi che la guerra proseguirà a tempo indefinito, fino alla completa sconfitta dei russi (e per quanto riguarda la ricostruzione, si vedrà poi). Per quanto riguarda la Moldova e la Giorgia va ricordato che, nel primo caso, si potrebbe andare a toccare la delicata questione del confinante territorio russofilo della Transnistria, mentre nel secondo si va a soffiare sul fuoco di una vicenda recente. Non si tratta, per questi Paesi, anche di un ingresso immediato nella Nato, ma far parte di una sfera di influenza costituisce un rampa di lancio anche in tal senso. Le sfere di influenza contano, eccome…

Al vertice della Nato tenuto nell’Aprile 2008 a Bucarest, Putin si era opposto all’ipotesi – supportata dal presidente americano Bush e da quello polacco Kaczyński – di invitare la Georgia e l’Ucraina a entrare nella Nato. (La decisione venne rinviata a dicembre dello stesso anno, anche a causa del freddo accoglimento di essa da parte della Germania e della Francia). E in conferenza stampa, Putin aveva dichiarato che la continua espansione a est dell’Alleanza atlantica rappresentava una minaccia diretta al suo Paese. La situazione in Georgia era già in precedenza critica, con le due repubbliche separatiste Abkhazia e Sud Ossezia che chiedevano alla Russia aiuto nonchè il riconoscimento ufficiale del loro status, mentre la Commissione europea dichiarava il suo pieno appoggio alla Georgia. Il Presidente Saakashvili aveva così mandato le sue truppe a sistemare le due repubbliche ribelli e ricondurle nell’alveo georgiano. Aggiungendo allo tale scenario l’aspirazione dei georgiani a fare ingresso nella Nato, la miscela ha finito con il determinare l’invasione russa della Georgia, nell’agosto 2008. Un conflitto durato solo qualche giorno, ma la cui ferita è rimasta aperta. Al termine di esso la Russia ha riconosciuto l’indipendenza della Abkhazia e della Sud Ossezia, nonostante la condanna oppostale da parte americana. (Pochi altri paesi hanno poi seguito la Russia nel riconoscimento delle due repubbliche separatiste).

Questo conflitto, al pari di quello odierno in Ucraina – e si può anche ricordare la lunga questione cecena –, sono parte della difficile eredità del Paese egemone dell’ex blocco sovietico. Un fattore che noi occidentiali non comprendiamo, mentre esercitiamo pressione al fine di ottenere una completa irrilevanza futura della Russia.

A completare l’allarmante quadro odierno, non si dimentichi la prospettiva dell’imminente ingresso nella Nato della Svezia e della Finlandia.

 

Kaliningrad, Bielorussia, Lituania e il corridoio di Suwalki

 

Ma, peggio che mai, mentre fervono i preparativi per il prossimo summit della Nato a Madrid, in programma il 28/30 giugno, la piccola Repubblica di Lituania – Paese membro della Nato – ha annunciato l’embargo di merci dalla Russia, via Bielorussia, verso l’exclave di Kaliningrad, che si affaccia sul Mar Baltico. L’unico passaggio via terra è un corridoio di circa 65 Km lungo il confine lituano-polacco. (Il cosiddetto corridoio Suwalki). E’ intuitivo che se la Russia dovesse cercare di forzare tale blocco – magari con un ponte aereo – e ne seguisse un ‘incidente’ con forze lituane, la Nato si troverebbe coinvolta in uno scontro diretto con la Federazione Russa e si prospetterebbe l’occasione per un altrettanto diretto intervento militare in Ucraina. Viene allora da chiedersi se vi siano cancellerie, ambienti dipomatici e militari che auspicano esattamente questo risultato. Nonostante il sostegno finanziario e logistico euroatlantico, lentamente – ma inesorabilmente – gli ucraini stanno perdendo la guerra. Non è improbabile che all’interno dei suddetti ambienti qualcuno pensi che, al fine di risolvere la questione dell’Ucraina e guadagnare quest’ultima alla sfera di interessi occidentale, si debba finalmente procedere all’impegno sul campo delle forze Nato.

Forse, sarebbe meglio che la vicenda ucraina si chiudesse al tavolo delle trattative prima che sia troppo tardi. Prima dell’innesco di eventi dalle conseguenze incalcolabili.