Domenica si è conclusa la seconda tornata di votazioni per le elezioni comunali. Il centrosinistra esulta, il centrodestra dice di non aver perso e il M5S dimostra tutta la sua debolezza.
Ma questo voto conferma anche la distanza dei cittadini dalla politica. L’astensione continua inesorabilmente ad aumentare. Tante spiegazioni sono state date, la tendenza a partecipare solo alle votazioni ritenute più importanti, la mancanza di alternative politiche vista la forte somiglianza tra le varie proposte dei candidati e delle coalizioni e partiti che non riescono più a mobilitare gli elettori e a portarli alle urne.
Sicuramente le ultime due spiegazioni sono il cuore del problema anche perché vediamo un costante calo pure nelle elezioni politiche per il parlamento. Quindi abbiamo la mancanza di una proposta politica più incisiva.
Il populismo sembra aver perso la sua spinta propulsiva, le mancate risposte successive alle elezioni del 2018 hanno avuto il loro peso. Il fallimento del governo Conte I è stato percepito come l’impossibilità di incidere veramente sulla politica nazionale uscendo dagli asfittici schemi che ci si era abituati a vedere.
I cittadini in questi ultimi decenni hanno cercato di rispondere alle crisi che via via si presentavano. Dopo tangentopoli all’inizio degli anni novanta si cercò prima nella Lega e poi con Forza Italia una prima via di uscita populista che, visti i protagonisti, probabilmente era solo un sogno ad occhi aperti.
Dopo circa un quindicennio e senza apprezzabili cambiamenti ha cominciato a prendere forma l’opposizione creata intorno alla figura del comico Beppe Grillo che portò alla nascita del M5S e quindi al secondo revival del populismo nostrano. Questa volta con una possibilità reale di incidere sulla situazione politica sia per i voti presi, dal 20% circa del 2013 ad 1/3 del parlamento nel 2018, che per l’alleanza con una Lega, quella di Salvini, che sembrava in rotta con il proprio campo politico e pronta ad una nuova esperienza, positiva o negativa che fosse. Abbiamo visto comunque che tutto si risolto in un anno e la “svolta” di Salvini era solo di facciata.
La crisi interna al M5S era comunque pesante visto che non si è più ripreso. Probabilmente dovuto ad una mancanza di strategia di fondo. In tutto questo le uniche formazioni politiche che avevano al loro interno del personale dirigente sono riuscite a sopravvivere. Il PD che vivacchia intorno al 20% non sembra avere molti slanci e riesce a tenere le posizioni solo per forza d’inerzia. La Lega è tornata all’ovile e la bandiera populista sembra che sia passata nelle mani della Meloni.
Naturalmente tutto questo vale per una parte della popolazione, quella che va a votare e che si ritrova nelle politiche portate avanti fino a questo momento. Rimane una porzione sempre più ampia e che probabilmente si allargherà sempre di più anche in futuro di gente sfiduciata per i mancati cambiamenti e disillusa nei confronti della politica.
In tutto questo si inserisce la crisi ormai decennale della sinistra che, non avendo idee chiare e condivise, non riesce a trovare il modo di intercettare la gente che dovrebbe gravitare nella sua area e che sembra ormai persa.
L’attuale congiuntura, tra la guerra in Ucraina e la crisi economica sempre più incipiente ma che si trascina ormai dal lontano 2008, farà scattare una nuova ondata populista? E se ci sarà, chi la guiderà?