Cambiare politica? Cambiare coalizione? Cambiare elettori? Certo, sarebbe necessario inventare una nuova politica, costruire un nuovo contenitore di soggettività politiche critiche dell’esistente, e “formare” elettori sempre più consapevoli e informati, capaci di discernere tra le varie proposte in campo, ma soprattutto di percepire e difendere i loro veri interessi materiali.
Ci riferiamo, ovviamente, al variegato mondo del defunto centrosinistra e al partito di riferimento, erede, seppur alla lontana, del Partitone del tempo che fu. Si dovrebbero fare tutte e tre le cose, oppure ci sono delle priorità? Io credo, anche se sappiamo bene di stare esercitando la nobile arte dell’ Utopia, che sarebbe maggiormente necessario “cambiare elettori”, proposta che può apparire provocatoria e paradossale, ma che, ad un esame più attento, ha una sua logica.
Infatti, il fu centrosinistra ha un grave problema, ovvero quello di avere una base elettorale invecchiata demograficamente, imbolsita dalle troppe svolte e dalle troppe giravolte, scarsamente pugnace con i propri leaders, anzi, decisamente accondiscendente nei confronti della loro conclamata pavidità. Insomma, il problema del centrosinistra e del Pd è nel suo elettorato.
D’altronde, per molta parte di questo elettorato il Pd rappresenta ancora la “sinistra”, addirittura per diverse fasce di elettori il Pd non è che la continuazione del Pci berlingueriano. E quindi per anni feste de l’Unità, i mitici compagni delle cucine, campagne elettorali, manifestazioni, come se non ci fosse stato il 1989, come se non fosse esistito l’abbraccio con il liberismo che è stato la cifra del decennio che va dal 1990 al 2000. E che ha formato in negativo le coscienze e il mondo per come lo conosciamo oggi.
In definitiva: molti elettori e militanti hanno vissuto per tre decenni nell’illusione che il partito democratico, l’invenzione veltroniana che ha simboleggiato la deriva “atlantica” della politica italiana, e prima il Pds/Ds, fosse il continuatore del movimento comunista e delle lotte che hanno caratterizzato la sua vicende storica. E invece…per anni questi poveretti hanno svolto la funzione di utili idioti che hanno retto gruppi dirigenti impegnati nell’applicazione pedissequa dei dettami del paradigma neoliberale, che ha visto la maggior creazione istituzionale della storia come suo successo, l’Ue, e il Sacro Vincolo Esterno come unico orizzonte politico possibile.
Credevano di essere di sinistra mentre in realtà facevano le peggiori politiche economiche della destra economica più oltranzista. Un fenomeno di distacco dalla realtà di grande interesse, degno delle attenzioni degli psicologi sociali oltre che degli studiosi della politica, capace di segnare la storia repubblicana recente. In peggio. Un equivoco, un abbaglio di massa che è possibile verificare ogni giorno, sui social e nella realtà, e fintanto che non ci saranno “nuovi elettori” a rimpolpare le esangui schiere del centrosinistra, le cose non cambieranno facilmente.
I Letta non nascono a caso, così come il Jobs Act non è stato un incidente di percorso, ma sono il frutto di un lungo percorso di introiezione dei dogmi del liberismo a livello di massa, di una Lunga Marcia nel Capitalismo fondata su una lettura della realtà subalterna e provinciale. Ecco perché non c’è nessuna consistente “offerta politica” socialista, non c’è una domanda! Prima bisogna costruire una domanda di politica socialista, e poi, forse, il resto verrà, prima gli elettori e poi i dirigenti.