Al principio del V secolo a.C. Roma sgomita ancora entro i confini del Lazio, Cina e India appaiono frammentate in miriadi di regni, l’Egitto e l’Assiria sono storia passata: l’Impero persiano, fondato qualche decennio prima da Ciro il Grande, si presenta ai contemporanei come l’unica potenza a vocazione universale. I sovrani achemenidi governano larga parte dell’Asia centrale e il Vicino Oriente, i loro eserciti presidiano l’Egitto, conquistato da Cambise, e le colonie greche dell’Asia Minore, dopo una rivolta fallita, hanno perso ogni velleità d’indipendenza. L’unico infortunio – se vogliamo usare quest’espressione – è stata la sconfitta di Maratona a opera degli Ateniesi (490 a.C.): un episodio in apparenza marginale, che avrà però conseguenze decisive sull’evoluzione storica e sui futuri rapporti – segnati da sospetti reciproci e da una latente conflittualità – fra Oriente e Occidente.
Nel 485 a.C., alla morte del padre Dario, ascende al trono di Persepoli Serse: un uomo nel fiore degli anni, ambizioso e fiero, anche se piuttosto suggestionabile. Per i Greci il monarca persiano è il Re per antonomasia: solo a lui si riferiscono con il termine Βασιλεὺς omettendo l’articolo determinativo. Questo rispetto misto a timore non ha impedito qualche lustro prima agli Ateniesi di supportare in armi la ribellione milesia, provocando l’ira dei governanti iranici (e la sorpresa di Maratona). Serse intende lavare l’onta dell’insuccesso patito dal genitore in Attica, ma la progettata sottomissione della Grecia sarà solo l’avvio di un’impresa che si annuncia grandiosa: secondo lo storico Erodoto il nuovo sovrano mira ad annettere all’impero l’Europa intera, fino alle colonne d’Ercole. A chi gli consiglia prudenza risponde sdegnato, tacciandolo di codardia; il cugino Mardonio invece lo incoraggia, sminuendo il valore dei Greci e dichiarandoli incapaci di opporsi all’armata reale. Molti fra gli Elleni condividono in realtà la sua opinione: l’esito dello scontro di Maratona ha stupito i vincitori al pari degli sconfitti – il “Medo dai lunghi capelli” era uno spauracchio che non ha ancora smesso di far paura.
Serse inizia i preparativi per l’invasione, dando ordine ai satrapi di fornirgli ingentissime quantità di soldati. A conti fatti Erodoto parla di circa due milioni di guerrieri pronti a entrare in azione, ma la stima appare poco credibile. Facciamo qualche rapido calcolo: secondo i demografi il mondo ospitava all’epoca della nascita di Gesù tra i 250 e i 300 milioni di persone – una cifra che si manterrà abbastanza stabile fino allo scoppio della rivoluzione industriale. L’Impero Romano è accreditato di una popolazione pari a quella odierna dell’Italia, forse leggermente superiore: la densità abitativa media era sui 15 abitanti per kmq, con valori un po’ più elevati nella penisola ellenica e assai notevoli in Egitto e Siria. Oggi la Grecia ha 11 milioni e passa di abitanti e una densità di ca. 80 per kmq: duemila anni fa i Greci potevano essere forse due milioni e mezzo, difficilmente di più. Mezzo millennio prima, nel V secolo a.C., la situazione doveva essere abbastanza simile: la civiltà ellenica era all’apice del suo splendore, l’impetuosa crescita demografica verificatasi dopo la fine del c.d. medioevo aveva trovato parzialmente sfogo nella fondazione di colonie oltremarine. Il territorio greco, rammentiamolo, è in gran parte montuoso e povero di risorse: quella di emigrare era stata per i più una decisione forzata, anche se molti coloni erano attratti dal miraggio di una nuova patria e di un miglioramento della condizione sociale.
Orbene, non è affatto inverosimile che la vastissima Persia achemenide potesse mettere insieme un paio di milioni di sudditi atti alle armi: dominava, come detto, alcune fra le regioni più popolose del mondo antico. Un conto però è radunare una moltitudine, tutt’altro paio di maniche è armarla e rifornirla di viveri mentre è in marcia. Centinaia di migliaia di lance, scudi e spade non si fabbricano in un giorno né in un mese, specie se ci si affida a singoli artigiani e non si dispone di una “industria” moderna e di processi produttivi standardizzati. Per nutrire una simile massa umana in movimento sarebbero stati inoltre necessari tutti gli armenti dell’Asia – e la partenza della totalità (o quasi) dei maschi in età lavorativa avrebbe determinato il blocco di ogni attività agricola e la morte per fame di chi fosse rimasto a casa. A sua volta la Grecia occupata avrebbe visto raddoppiare all’improvviso la propria popolazione, con le conseguenze catastrofiche che è facile immaginare. Quanti potevano essere allora i guerrieri di Serse? A Qadesh Ramses II condusse al seguito 20 mila egizi più le truppe ausiliarie: per il II millennio a.C. era un esercito imponente, ma il Re dei re per realizzare i suoi obiettivi doveva poter disporre di un’armata incomparabilmente più numerosa. Almeno centomila soldati al netto degli addetti alle salmerie, dei servi e delle concubine: ecco una stima ragionevole. Di sicuro i Greci rimasero impressionati e sgomenti – e un ammirato sbigottimento si coglie anche nelle parole di Erodoto, che nel Libro VII delle sue Storie descrive il passaggio delle schiere. E’ un esercito sterminato e composito quello persiano, una vera accozzaglia di popoli e costumi diversissimi: in testa avanzano i Persiani propriamente detti, “così equipaggiati: un copricapo floscio, detto tiara, sulla testa, colorati chitoni con maniche intorno al corpo e corazze di piastre di ferro, simili nell’aspetto a squame di pesce; brache intorno alle gambe; invece di scudi portavano gerre di vimini e cuoio, sotto pendevano le faretre; avevano corte lance, grandi archi e frecce di canna; inoltre pugnali che pendevano dalla cintura lungo la coscia destra”, seguono i Medi e via via tutti gli altri contingenti di fanti e cavalieri. La spettacolare sfilata, che ispirerà poeti e scrittori fino ai nostri giorni (da Tasso a Tolkien), inebria il lettore e gli impedisce di far caso a un particolare: a parte i Lidi, che “disponevano di un armamento molto simile a quello greco (cioè oplitico)”, e gli Assiri (dice di loro il cronista: “portavano elmi di bronzo: un intreccio metallico di fattura barbara, difficile da descrivere; erano dotati di scudi, lance e pugnali simili a quelli egiziani, in più mazze di legno con borchie di ferro e corazze di lino”) tutti i guerrieri sono armati alla leggera e nessuno impugna lance lunghe e scudi di metallo. Neppure i Diecimila “Immortali” della guardia reale indossavano, sotto le vesti sfarzose, armature pesanti: erano truppe adattissime a combattere nelle ampie pianure asiatiche, che si sarebbero trovate a malpartito nelle strettoie e sui terreni impervi della Grecia continentale.
L’immensa armata attraversa l’Ellesponto su un lunghissimo ponte di barche, in ossequio a esigenze scenografiche oltre che militari: Serse aspira a impadronirsi delle menti degli avversari prima che della loro terra, e anche per questo “frusta il mare ribelle alla sua gloria”. Ostenta sicurezza il Gran Re, ma è solamente una posa: Erodoto lo coglie in un attimo di smarrimento che umanizza la figura del monarca e testimonia un angosciato senso di solitudine.
(La seconda parte verrà pubblicata sabato 5 febbraio)