Gli accadimenti di questo anno funestato dalla pandemia, e le relative risposte economiche dei governi che potremmo definire, con un eufemismo, non convenzionali, per non dire, con un ossimoro, emergenzial-strutturali, oramai, giorni fa mi hanno fatto riprendere in mano il libro di Vincenzo Ruggiero, “I crimini dell’economia”, edito da Feltrinelli, che opera un procedimento interessantissimo sulla delicata materia economica, di distanziamento e straniamento, perché fa una lettura criminologica del pensiero economico.
L’effetto è spiazzante, gli economisti spesso hanno indagato la ratio economica del crimine, il contrario quasi mai. Da qui l’interesse del libro che consiglio a tutti, e spiego il perché. Andando a scandagliare le varie teorie che hanno costituito l’ossatura e la costituzione materiale della scienza economica, da Malthus a Marx, da Hayek a Keynes e i liberisti, individuandone gli effetti anche criminali che hanno prodotto, Ruggiero ci dice due cose di enorme interesse.
La prima, è che rispetto alle altre scienze, l’economia ha un potenziale “politico” immenso, dietro le apparenze di una interessata neutralità, perché può produrre effetti positivi ma anche pesantemente negativi, incidendo nella carne viva della società, facendo vittime, nel senso letterale della parola. La seconda è che esiste anche la possibilità che la storia dell’economia sia una sorta di risarcimento postumo delle vittime, qualificate come obiettivi di un progetto di ingegneria sociale che ha sacrificato le loro vite, non come effetti collaterali “normali” di una politica economica.
Una lettura che dovremmo tenere a mente nei prossimi mesi, nei quali sarà deciso il nostro futuro, anche sulla base di teorie economiche e comportamenti politici predominanti in Europa. E che hanno prodotto macerie sociali e sofferenze per milioni di persone. Non per fare retorica, ma è arrivato il momento di mutare radicalmente paradigmi interpretativi e strumenti operativi sia di natura politica che economica, per poter affrontare le sfide inedite di questa epoca così carica di rischi per il futuro dell’umanità.
Tutto quel complesso di politiche economiche di natura così squisitamente ideologica, che sono passate alla storia con la nota formula di Washington consensus, dopo decenni di disastri economici e sociali, sono arrivate al capolinea, non hanno più nulla da dire al mondo, non hanno più alcuna presa sulla realtà, se mai l’hanno avuta.
Ora è il momento di sfruttare una occasione storica: costruire politiche pubbliche all’altezza di un mondo multipolare, dove a farla da padrone è la diseguaglianza e l’ingiustizia sociale, pensare di poter continuare con privatizzazioni e deregulation è folle, come se volessimo assembrarci tutti per combattere il Covid, per rimanere in clima pandemico. Tempi nuovi richiedono politiche nuove.