Nel 1947 la Democrazia Cristiana era tormentata dal dissidio fra le sue correnti: schierarsi a fianco degli USA comportava gli aiuti del Piano Marshall, ma il brusco distacco dal Fronte socialcomunista – con la rottura all’interno del governo De Gasperi, dal quale erano state estromesse le sinistre – rischiava di recidere il legame emotivo con l’antifascismo e la Resistenza. E la classe politica della ricostruzione democratica doveva cercare di utilizzare il richiamo alla Resistenza per distinguere le sorti del Paese dal retaggio fascista. Inoltre, si faceva ormai strada il cattolicesimo sociale della sinistra DC.
Tutt’altro, rispetto alle sollecitazioni liberiste della Confindustria, capitanata allora da Angelo Costa. Pur nel quadro del centrismo di De Gasperi, l’Agip poteva essere innestata in un progetto di vasta portata, con l’assegnazione al settore pubblico di un ruolo economico propulsivo. Il passaggio dall’economia autarchica fascista all’apertura al mercato non andava completamente lasciata all’iniziativa privata.
De Gasperi acconsentì a costituire un comitato consultivo economico, affidandone la presidenza a Ezio Vanoni, il massimo esponente dell’ala progressista del partito. Questi si identificava con l’orientamento di Mattei e ne apprezzava i progetti, deplorando al contempo la linea assunta in precedenza dai vertici dell’azienda petrolifera. (Con Petretti alla presidenza, il quale era stato prono a concedere all’Edison le attività di ricerca e sfruttamento delle materie prime energetiche).
Il Commissario marchigiano, anche avvalendosi del personale tecnico dell’Agip – ivi insediato durante il Fascismo –, aveva cominciato a cogliere le potenzialità strategiche dell’azienda di stato e aveva recalcitrato in merito ai precedenti ordini di dismissione a favore dei gruppi privati (come la Edison e la Montecatini). In Pianura Padana c’era metano in quantità e Mattei voleva evitare che i privati “ci mettessero le zampe” (parole sue). E poi si sperava di rinvenire il petrolio.
L’Agip venne “salvata”. La DC mise da parte i suddetti propositi di cessione. Il Consiglio di amministrazione venne rinnovato, con Enrico Mattei e Marcello Boldrini (suo vecchio sodale ) nella plancia di comando. I propositi di alienazione dell’Agip ai privati erano – così – dismessi, e la corsa verso la fondazione di un grande ente di stato era inaugurata.
Occorreva comunque consolidare il risultato raggiunto, rilanciando le ricerche, lo sfruttamento dei giacimenti e costruendo le reti di trasporto e distribuzione. Il che venne realizzato piuttosto celermente, facendo fra l’altro emergere la spregiudicatezza operativa di Mattei. (Egli ebbe modo, più tardi, di ammettere la violazione di circa 8000 provvedimenti amministrativi che avrebbero tirato per le lunghe la posa delle condutture e quindi, la creazione della rete infrastrutturale).
Verso il 1950 il 75% del gas prodotto poté, così, giungere ad alimentare le industrie del Nord Italia. Altri impieghi della materia prima riguardavano l’industria termoelettrica e gli usi domestici. Di conseguenza, all’Agip venne creato lavoro per una copiosa quantità di manodopera, nonché per personale tecnico specializzato e quadri dirigenziali, formati nello stesso ambito aziendale.
Nel pieno dei sistematici attacchi via stampa all’indirizzo dell’azienda di stato e della sua attività, nel giugno del 1949 venne scoperto, a Cortemaggiore, un giacimento di petrolio. La notizia venne subito lanciata e amplificata dai giornali, fino a sfociare in accuse e procedimenti giudiziari per aggiotaggio a causa dell’euforia borsistica che immediatamente aveva avuto luogo. In realtà, poco dopo si venne a sapere che il giacimento era “scarso” e la materia prima di bassa qualità. Tuttavia, il clamore mediatico sensibilizzò l’opinione pubblica in merito all’opportunità dello sfruttamento interno – o “nazionale” – delle risorse.
Mentre in ambito politico venne accantonato il disegno di legge – di matrice liberista – avanzato dal socialdemocratico Ivan Matteo Lombardo in materia di concessioni per la ricerca degli idrocarburi. Un successo per Mattei. Ne seguì, naturalmente, un durissimo attacco del New York Times al governo italiano: un monopolio pubblico nel settore in questione, si minacciava, avrebbe messo in discussione l’accordo del 1948 sulla cooperazione economica tra Italia e USA.
Pur all’interno del quadro della “guerra fredda”, l’opera di Mattei determinò due schieramenti anomali: da una parte i democristiani di destra insieme ai liberali ed ai missini, dall’altra la sinistra DC, appoggiata sul tema da De Gasperi, “insieme” a socialisti e comunisti.
(La terza parte verrà pubblicata giovedì 12 novembre)