Molto complesso e articolato il tema che ci viene proposto dai nostri referenti della piattaforma di convergenza Società della Cura, non basterebbero pagine su pagine sul tema in titolo. Proverò a suggerire alcuni aspetti presenti in un territorio erroneamente creduto marginale, invece collegato con l’EST da tempo, con legami forti innanzitutto per motivi geografici ed anche per la presenza dei porti di Trieste e di San Giorgio di Nogaro con necessità di gas e acciaio. Friuli, territorio che dipende da Ucraina e Russia anche per agroalimentare. Non si può poi dimenticare che il FVG è una prima regione d’arrivo, già da almeno vent’anni, per le signore ucraine, collaboratrici familiari e badanti, tanto più oggi da accogliere e aiutare. La Regione viene tenuta sotto attenzione, con l’arrivo dei fondi legati al PNRR, anche per alcuni rischi collegati a fenomeni riconducibili alla criminalità organizzata, che temiamo siano trascurati in un momento così complicato.
1. Riduzione forniture di gas e acciaio, anche quattro giganti industriali FVG vanno in sofferenza
Il porto di San Giorgio di Nogaro, approdo di navi commerciali provenienti proprio da Mariupol, con trasporto di gran parte dell’acciaio dell’Ucraina, è già in acuta sofferenza con pesanti implicazioni con il settore delle costruzioni e di conseguenza su tutta l’edilizia, colpite dallo scarseggiare di alcune materie prime. Nell’insieme un contraccolpo rilevante per l’economia della regione, nella gran parte dei settori produttivi, specialmente in quelli ad alto valore aggiunto: mobile, arredo, filiera vinicola e dei prodotti alimentari di pregio, elettronica per l’automotive e altro ancora. Inevitabile l’aumento del prezzo del gas, già schizzato alle stelle negli ultimi mesi per le sempre più ridotte forniture, con un ulteriore rialzo dei prezzi. Il blocco delle navi sta iniziando a ripercuotersi sull’occupazione.
Per il Friuli Venezia Giulia l’Ucraina è il secondo partner commerciale per le importazioni, l’ottavo per la Russia, mentre per la provincia di Udine l’Ucraina è addirittura il primo partner commerciale, la Russia il terzo. La Russia risulta poi il ventesimo partner commerciale per le esportazioni regionali, per Udine il diciannovesimo.
Vanno bene le denunce sui danni all’economia regionale ma non certamente le ricette; Confindustria FVG suggerisce di riattivare le centrali a carbone per ovviare all’interruzione del gas e denuncia la mancata attivazione già nel 2009 del rigassificatore di Trieste, riproposto anche se collocato quasi in piena città, una strada certamente non conforme alla tutela della salute dei cittadini.
Anche quattro giganti industriali FVG vanno decisamente in sofferenza per il conflitto in corso.
La Danieli di Buttrio, in provincia di Udine, impegnata in Russia a costruire acciaierie e a Mariupol un laminatoio a freddo, dovrà rinunciare ai suoi progetti sacrificando il lavoro di migliaia di operai, la ditta di costruzioni Rizzani de Eccher, dopo aver vinto una commissione unitamente alla Francia, per la realizzazione di parte dell’impianto satellitario russo, sarà ridotta a grandi perdite, anche se molte succursali dell’azienda restano sul vastissimo territorio russo, la finlandese Wartsila con sede a Trieste sarà penalizzata per la sua commessa di generatori elettrici e, per finire, la Cimolai di Pordenone, costruttrice del “sarcofago” di Chernobyl, avrà le sue difficoltà. Ricordiamo che grandi aziende vuol dire migliaia di operai con inevitabili ricadute sul lavoro e sulle condizioni sociali di molteplici famiglie.
2. Economia in all’erta, in particolare la zootecnia
Le conseguenze della guerra in Ucraina rischiano di mettere in ginocchio anche la zootecnia della regione. L’allarme tra gli allevatori è altissimo a causa del blocco delle importazioni di cereali dall’Ucraina ma anche per lo stop delle importazioni di mais dall’Ungheria; mancano anche cereali, soia e girasole ed è a rischio un allevamento su quattro. Non pensavamo a questa considerevole dipendenza dall’estero e ci scopriamo indifesi, possibile che sia mancata una sorta di programmazione o si sono moltiplicati gli allevamenti intensivi senza curarsi dei rifornimenti per gli animali?
«La situazione – dice il presidente di Coldiretti – ha visto gli importatori e i mangimifici acquistare mais, grano e orzo dove si pagava meno, ma oggi rischiamo di pagare pesanti conseguenze come settore zootecnico. Una delle battaglie delle associazioni di categoria dell’agricoltura negli ultimi anni è stata proprio quella di chiedere alla politica la garanzia di approvvigionamenti con prodotto nazionale attraverso i contratti di filiera e pagamenti sostenibili».
3. Imprese attenzionate dalla criminalità organizzata
La guerra fa sollevare il velo sui traffici illeciti provenienti anche da EST.
Incredibile la situazione di poco meno di tremila imprese del Friuli Venezia Giulia che si trovano in uno stato di sofferenza finanziaria e sono state segnalate come insolventi dagli intermediari alla Centrale dei rischi della Banca d’Italia, una situazione che rischia di farle “scivolare tra le braccia degli usurai”, come si legge nella relazione annuale dell’Osservatorio regionale antimafia, presieduto dall’ex prefetto Michele Penta, relazione che è stata esaminata e approvata recentemente dall’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale.
Una regione attenzionata per “la strategia mafiosa di espansione economica spesso silenziosa, sotto traccia”, che punta “all’accaparramento di interi settori dell’economia legale, grazie all’enorme liquidità garantita dai traffici illeciti, assai numerosi in Friuli Venezia Giulia, come è emerso dalle numerose operazioni condotte dalle forze di polizia” con una pericolosa infiltrazione della criminalità organizzata.
Traffico illecito di prodotti petroliferi (forse russo?), importato in particolare dalla Croazia e dalla Slovenia attraverso il territorio friulano con lo scalo di Trieste già scenario di tentativi di infiltrazione da parte della criminalità organizzata nella commercializzazione dei derivati del petrolio. Anche il mercato del contrabbando di tabacco vede “la regione al primo posto in Italia, trascinata da Trieste (al primo posto) e da Udine (al settimo posto)”.
4. Una sanità regionale sempre più privatizzata saprà far fronte all’ accoglienza, all’assistenza e alla cura dei profughi?
Quale sanità faremo trovare alle migliaia di profughi che pensano di arrivare in un Paese avanzato dove la sanità pubblica è sempre stato un cardine fondamentale? Una sanità distratta, non efficiente, che fornisce servizi appropriati in tempi utili solo per chi è in grado di pagare le visite in libera professione? Un’insufficiente quota del Pil e un rilancio a parole della medicina territoriale con le case di comunità nel territorio che rischiano di diventare dei poliambulatori? Un sistema di prevenzione primaria che non prevede un coordinamento con i temi ambientali e sanitari, una sanità di muri e mattoni, non di progetti, ricerca, assistenza domiciliare? I premi dati ai Direttori per aver raggiunto il pareggio di bilancio? L’espansione delle assicurazioni? C’è poco da aggiungere, ma molto da fare soprattutto per chi arriva in stati di necessità e pensa di trovarsi in un Paese civile.
5. Accoglienza
A proposito dell’accoglienza si è aperta una discussione in Consiglio regionale sull’accoglienza dei profughi, settore che non risulta avere fondi, un’assurdità senza precedenti per una regione di confine. L’assessore regionale Bini ha evidenziato come “già normalmente i Comuni per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati hanno bisogno del supporto della Regione che integra i fondi statali, che sono insufficienti a coprire le spese. In questo momento, però, dopo due anni di pandemia, con le Regioni che si trovano nella condizione di non aver ancora ricevuto dallo Stato ben 6 miliardi di euro per la copertura delle spese legate al Covid-19, è necessario un intervento tempestivo del Governo. Nel frattempo l’Amministrazione regionale punta comunque a mettere a disposizione degli enti locali un fondo di rotazione per anticipare le spese dei Comuni che sottoscriveranno convenzioni con le Prefetture per fornire alloggi di emergenza”.
Incredibili le affermazioni di qualche altro politico locale su uno degli aspetti più “acuti “della guerra, quando dice di ospitare i profughi ucraini, in assoluta maggioranza donne e bambini, in fatiscenti caserme. Dobbiamo mantenere la nostra dignità e il ricordo dei nostri migranti sulle strade d’Europa e delle Americhe per sfuggire a carestie, guerre e fame e utilizzare case e strutture ordinarie, sulla base del modello della accoglienza diffusa di cui Trieste è esempio in Italia, come dice Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio italiano solidarietà (Ics), principale realtà che si occupa di accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati a Trieste.
“Solo negli appartamenti, unità di base dell’accoglienza diffusa”, continua Schiavone, “le vittime della guerra potranno ricostruire un minimo di normalità di vita quotidiana e allacciare relazioni positive con la popolazione”.
Le guerre ci disorientano, creano disastri, scompensi, arretramenti, insidie e licenziamenti per i lavoratori anche nelle zone che non sono di guerra, anche per Paesi lontani dalle aree di guerra.
I vinti sono anche tutti colori che, o in pace o in guerra, vedono se stessi in balia delle voglie di supremazia e anche dei profitti senza scrupoli; nell’economia globalizzata pochi si salvano.
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