Le somiglianze tra i fatti di Capitol Hill di un paio d’anni fa e quelli di Brasilia dell’altro ieri sono impressionanti, nell’ordine:
1) Due presidenti uscenti dell’ultradestra populista che non accettano il risultato elettorale a loro sfavorevole, nella sostanza, e non legittimano il successore, di sinistra e di “centrosinistra”, diciamo così;
2) Due capi politici che passano mesi ad aizzare i rispettivi “popoli”, spingendoli ad agire, con l’assalto delle istituzioni sacre per una democrazia, i parlamenti, e dopo l’assalto fanno spallucce facendo finta di niente, anzi, prendendo quasi le distanze dall’accaduto;
3) L’apparente irresponsabilità democratica nella quale vegetano sia Trump che Bolsonaro, incuranti del fatto che la brutalità delle loro parole spinge molti loro sostenitori ad agire violentemente, cosa che provoca morti, feriti, arresti e distruzioni simboliche e materiali nelle rispettive istituzioni parlamentari;
4) Il discredito mondiale che avvolge le due leadership ma che non tocca i loro elettorati di riferimento, galvanizzati da narrazioni fantastiche che nutrono un immaginario popolare fatti di “elezioni rubate”, “destini della nazione” in pericolo, un intero universo parallelo sceneggiato ad uso e consumo della destra pop del medioevo prossimo venturo;
5) Infine, la caricaturalità grottesca di questi “assalti” inframmezzati da violenza stupida e selfies, storie su Instagram e video ricordo con tanto di souvenir della scampagnata squadrista, conclusa nell’ignominia per manifesta assenza di un possibile sbocco politico: dopo azioni simili che fai, il golpe? Oggi non è come 40 anni fa, non basta prendere il parlamento o la sede della televisione pubblica, nell’era della comunicazione simultanea e totale ci vuole ben altro.
In conclusione, nonostante il frastuono mediatico globale, mi paiono due manifestazioni di palese impotenza politica, il classico ribellismo sfasciatutto della destra privo di un reale progetto sociale che non sia la solita egemonia del capitale più retrivo e predatorio.