La pulizia linguistica, derivata da una istanza di rendere il “modo di produzione” della lingua meno violento e discriminatorio, quindi una modalità anche condivisibile, per alcuni versi, col passare degli anni si è trasformata in polizia linguistica, un insieme di regole e prescrizioni che hanno trovato il punto di caduta in una sorta di vocabolario di quello che è lecito dire e di quello che è ritenuto corretto politicamente, un lessico mutuato dai modelli d’oltreoceano che si incarica con parole purgate ed eufemismi linguistici, spesso in inglese, di rappresentare il Canone Progressista al tempo del trionfo del neoliberismo, dotato di assertività assoluta e incontrastabile, pena l’accusa di essere reazionari difensori dell’ordine passato, meglio se patriarcale e maschilista.
Un caso di scuola: la discussione sul disegno di legge per importare in Italia e normalizzare la pratica dell’utero in affitto, chiamata pudicamente “gravidanza solidale”, firmata, tra gli altri, dal segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni. Nel cappello iniziale, e nell’articolato successivo che dipana la strategia di natura privatistica per introdurre anche da noi tale pratica, si parte da una scrittura privata tra le “parti”, emerge il punto focale dell’argomentazione: dato che all’estero è già normata, in vari paesi, questa fattispecie, urge farlo anche da noi, perché, si sa, qualsiasi sussulto avvenga in altre nazioni, ma ovviamente su tutte Usa e UK, deve automaticamente tradursi in diritti da legalizzare anche in Italia, siamo il paese dell’agenda politica importata.
E della colonizzazione dell’immaginario. Ma il passo decisivo, sotto l’apparente neutralità del linguaggio giuridico utilizzato, è nella questione del rimborso spese, la gestante che accetta di trasferire per il periodo della gravidanza la sovranità del proprio corpo al Genitore singolo o alla Coppia, l’istanza desiderante del rapporto, coloro che vogliono il figlio, riceve un “rimborso” per le spese mediche sostenute, ma anche per le altre spese avute nel periodo in questione, e per ristorare eventuali redditi precedenti perduti e per compensare l’impegno psicofisico profuso. E qui si annida la zona grigia che giustificherà una dazione di danaro che certo non sarà di scarsa entità.
In sintesi, il procedere argomentativo degli estensori della proposta eufemisticamente purgato, la neutralità linguistica che con pudore occulta la verità dei fatti, non riescono a nascondere il nocciolo della questione: chi vuole un figlio potrà, se la proposta dovesse essere approvata, affittare in sostanza il corpo di una donna per averlo. Questa è la nuda realtà, solo che invece di utero in affitto si parla di gravidanza solidale, nella migliore tradizione eufemistica della correttezza politica occidentale, costruzione culturale frutto della cultura dominante dell’Impero Usa, capace di definire i morti “effetti collaterali” anni fa, depurando così la guerra dalla terrificante realtà della morte fisica di esseri umani concreti.
Allo stesso modo, la brutale realtà di un mercimonio neutralizzato da accuse di sfruttamento, viene occultata da una proposta di apparente avanzamento civile. E il gioco è fatto. Ma le questioni, la verità dei fatti, resistono ed emergono con prepotenza: perché una donna dovrebbe soffrire, portare in grembo un futuro essere umano, piangere, gioire con lui per nove mesi, macerarsi nel parto, per poi darlo ad altri dopo la nascita? Quale assurda considerazione guida questa narrazione lunare di questa presunta gravidanza solidale, se non la legittimazione dello sfruttamento di persone deboli e bisognose che opteranno per questa scelta per ragioni economiche? O veramente crediamo che donne agiate, ricche borghesi, imprenditrici o professioniste che non hanno nessun problema economico, si metteranno per solidarietà a fare figli per conto terzi?
Mi pare una offesa all’intelligenza. Il tutto, peraltro, in un paese come il nostro al collasso demografico, dal 2015 in pieno arretramento avendo perduto almeno mezzo milione di italiani, in parte perché la gente emigra per lavoro, ma anche perchè non si fanno più figli, a causa della crisi infinita che riduce le aspettative di crescita economica delle famiglie italiane. E in un paese che non fa più figli dovrebbero spuntare per magia persone vogliose di farli per solidarietà con chi non può…A questo livello di delirio siamo arrivati, nell’Italia immaginaria dei progressisti neoliberali.