La retorica elettorale del partito nazista aveva come obiettivo di ingraziarsi alcune fasce sociali che si trovavano particolarmente svantaggiate nella crisi dei primi anni trenta. I piccoli commercianti, gli agricoltori, i disoccupati e la piccola borghesia.
Furono fatte molte promesse come: la nazionalizzazione dei consorzi, la ripartizione degli utili nel commercio all’ingrosso, la municipalizzazione dei grandi magazzini e la locazione degli stessi ai piccoli commercianti ad affitto calmierato, la riforma fondiaria e l’abolizione degli interessi sulle ipoteche.
Tutti questi provvedimenti che erano “l’inalterabile” programma del partito nazista, venne messo da parte immediatamente. Alcuni sostenitori della prima ora che avevano aiutato e consigliato Hitler nella redazione delle misure economiche vennero estromessi subito. Tutto rimase come prima, il mondo degli affari aveva piazzato i suoi uomini. Karl Schmitt delle assicurazioni Allianz e poi Schacht rappresentavano gli interessi economici che erano i veri vincitori dell’ascesa al potere dei nazisti.
I piccoli commerciati furono tra i primi a vedere frustrata la fiducia che avevano riposto nel partito di Hitler. Venne aumentato il criterio di capitale necessario per aprire una società di ben cinque volte e un quinto delle piccole aziende dovette chiudere.
I trust industriali vennero resi ancora più potenti, il ministero dell’Economia poteva istituire nuovi cartelli obbligatori e costringere le aziende ad unirsi a quelli esistenti. Le associazioni commerciali vennero mantenute ed era diventato obbligatorio per le aziende farvi parte. Tutto era organizzato in maniera tale che il controllo dello stato su queste associazioni favorisse il perseguimento degli obiettivi politici di riarmo del paese.
Questa mole di organizzazioni, oltre a tutta la produzione di leggi e decreti, aveva creato una burocrazia pervasiva e corrotta. Nonostante questo aggravio di costi per le imprese, l’uomo d’affari trovava in ogni caso la possibilità di fare ampi profitti. Gli utili aziendali passarono mediamente dal 2% del 1926 al 6,5% del 1938. La legge che limitava questi utili al 6% poteva essere elusa tranquillamente, infatti si poteva reinvestire questi soldi nell’azienda oppure nelle obbligazioni governative.
Per capire le cifre in gioco possiamo dire che le imprese passarono da 175 milioni di marchi di profitti nel 1932 a 5 miliardi di marchi del 1938. Oltre a questo le aziende non avevano più richieste “irragionevoli” di aumenti salariali essendo stati neutralizzati i sindacati e i pochi aumenti che vennero concessi ai lavoratori erano comunque inferiore al carovita. Gli scioperi erano vietati. Il grande capitale aveva vinto e pur con qualche mugugno traeva grandi utili dallo spartire il potere con il regime nazista.