Il mondo dei battle shounen è sempre stato affascinante. Scontri al limite delle capacità, esplorazione di nuovi mondi, nemici dalla psiche affascinante e filosofie di vita che trovano la risoluzione morale nella vittoria fisica. Un genere che ha trascinato con sé una grossa fetta di pubblico e che, sotto taluni titoli, ha influenzato la vita delle persone. Eppure, come spesso accade con generi così ben canonizzati, si finisce sempre in soliti canovacci, che fanno intuire subito lo svolgimento della trama. Questo non accade a uno dei battle shounen più amati degli ultimi anni.
Nel 2016 esce My Hero Academia, opera di Kōhei Horikoshi. Un prodotto dall’estetica innegabilmente pop, che conquista e trascina immediatamente lo spettatore. La sua rapida fama, ancora in ascesa, porta a inevitabili ragionamenti; ragionamenti che vanno oltre la regia dinamica, una sceneggiatura fatta di frasi semplici ma concise ed un character design che ruba l’occhio tanto al pubblico maschile quanto a quello femminile ecc.; ma conducono ad una riflessione su ciò che simboleggia la storia e le avventure del suo protagonista.
Midoriya può essere classificato come un ragazzo normale ma, essendo immerso in un mondo di superpoteri, in realtà rappresenta la pecora nera, quella che, per ragioni di nascita, non può ambire a ciò che il mondo gli propone. Il nostro protagonista potrebbe essere accostato a chi, vedendosi circondato da amici che mostrano subito un grande talento innato verso una disciplina, non riesce a trovare il proprio. Attraversando momenti di grande sconforto, però, non cede mai nel puntare all’obiettivo prefissato: diventare un Eroe.
Così la sua storia diventa la storia di molti giovani del mondo contemporaneo, immersi in una realtà che vuole l’eccellenza, che premia l’apparenza e che crea nell’immaginario comune delle aspettative il più delle volte irrealizzabili. Dalle relazioni amorose agli obiettivi lavorativi; le nostre generazioni sono state illuse da aspettative spesso incompatibili con la realtà dei fatti e la lente meticolosa dei social network condensa bene questa espressione: si è spinti sempre a mostrare sempre il meglio e rarissime volte il disagio di una vita spesso ingiusta.
Midoriya sceglie come soprannome Deku, ovvero: buono a nulla. Scelta peculiare se si pensa che è il protagonista della storia e che il potere che avrà in eredità gli consentirà uno sviluppo notevole. La scelta di Deku, però, è in linea con ciò che abbiamo esposto prima. L’epiteto buono a nulla o, come si sente spesso qui in Italia: bamboccione; è il modo in cui le vecchie generazioni spesso indicano i millennials e la generazione Z, riempiti di colpe e di accuse spesso infondate e basate sul loro vivere turbolento in un mondo ereditato che ha cambiato rapidamente le regole del gioco. Dunque, è quanto di più vicino ai sentimenti di questa fascia di pubblico che, conscia o meno, può trovare in Midoriya un riflesso della propria condizione psichica e un progressivo e faticoso riscatto.
Il mondo di My Hero Academia è composto nella maggioranza da persone con superpoteri, ma non tutte ambiscono al ruolo da eroe. Anche questo è un concetto che va di riflesso ad agganciarsi alla scelta del protagonista. Quest’ultimo non è spinto da necessità impellenti, come ad esempio accade per Goku che è il guerriero più forte del pianeta ed è l’unico che può debellare i vari villains che tentano di conquistare il mondo. Se non ci fosse stato lui, sicuramente qualcun altro avrebbe preso l’eredità di All Might (il numero uno dei supereroi); eppure, tramite il suo voler scegliere quella strada, si è imbattuto proprio nel suo idolo d’infanzia, in colui che ha contribuito a forgiare più di tutti l’immaginario dell’eroe nella sua mente.
È scontato che Midoriya ambisca al titolo di eroe, sia per ragioni pratiche – si tratta del protagonista – sia per motivi ben spiegati nella sceneggiatura; ma meno scontata è la ragione per cui tutte quelle altre persone hanno deciso – nonostante fossero in possesso di un potere – di accantonare quell’idea. Questo ci conduce nuovamente alla nostra società ed alle aspettative che si costruiscono su una persona, tendendo a immaginare per lei una vorace scalata al potere di questa società piramidale. In realtà, l’ultimo ventennio, ha certificato come le pesanti aspettative vadano a gravare sulla psiche delle persone.
Storie di ragazzi e ragazze in fuga da casa per non affrontare il giudizio sul proprio rendimento scolastico, talvolta suicidi in prossimità della laurea e tutte quelle forme di pressione sociale che emergono, anno dopo anno, sugli adolescenti, sempre più inermi nel riuscire a fronteggiare l’idea di non essere in grado o di non voler essere un “eroe” di questa società – volendo indicare con questo termine, quelle posizioni sociali e lavorative che garantiscono un cospicuo guadagno oltre che un prestigio in visibilità. Tutto ciò va a formare, pezzo dopo pezzo, la risposta al quesito sul mondo fantastico di Horikoshi.
Tutti, in quel mondo, nascono con la possibilità di poter diventare eroi, ma la maggior parte ambisce a ben altro; ambisce ad una quotidianità serena e tranquilla, senza, per questo, doverne risentire come se fosse una colpa o una mancanza. Per i restanti che punteranno a quell’obbiettivo ci penserà il sistema scolastico, dedicato a quel percorso, a formarli e consegnare loro la migliore posizione possibile, ovvero, quella più adatta alla vocazione naturale dello studente che si manifesta nelle ore di lezione.
Kōhei Horikoshi, di classe ’86, ha evidentemente assorbito nella sua opera principale, il mondo della sua adolescenza, disseminando la sua opera di questi e di molte altre trasposizioni della nostra società. Fornendo un pensiero critico, ma che lascia grande spazio anche alla voglia di affrancarsi delle nuove generazioni, ha fornito una storia capace di intrattenere allegramente e, al contempo, portare lo spettatore verso improvvisi e rapidi picchi di esperienze emotive e psicologiche.
Comunque continuerà nel futuro, la storia di My Hero Academia ha già contribuito ad arricchire il genere del battle shounen ma, soprattutto, con le sue trame ed i suoi personaggi ha dato una valvola di sfogo e un’occasione di riscatto a tutti noi.