Ho letto con vivo interesse il post di Peppe Provenzano, uno dei due vicesegretari del Pd, incaricato di “coprire” il partito a sinistra, l’altra vice, l’ultraliberista Irene Tinagli, lo copre a destra, che ricorda il ventennale dai noti fatti di Genova 2001, perché spiega meglio di un profilo psicopolitico il perché il Pd non sarà mai utile, anche nelle sue componenti più avanzate che si richiamano all’esperienza storica della sinistra, per produrre un cambiamento degli assetti vigenti.
Provenzano attacca il post con una denuncia generica e di prammatica, d’ordinanza, della violenza di frange nichiliste, facili prede di “ideali regressivi”, mentre i filoni cattolico e progressista sarebbero stati molto più utili e produttivi nel prosieguo della vicenda politica italiana. E qui sorge una prima questione: quando, di grazia? Io non lo ricordo. Forse nell’epoca Monti? Dopo la Grande Crisi del 2007-08? Quando l’Italia nel concerto delle nazioni europee contribuì ad uccidere nella culla l’esperienza di Tsipras seguendo pedissequamente i dettami dei creditori? Quando si approvò lo sciagurato pareggio di bilancio in Costituzione? Quando si è santificata l’Unione Europea alveo naturale dell’estremismo neoliberale di mercato spacciata come il migliore dei mondi possibili? Non è dato sapere.
Poi, addirittura, il vice piddino, incarnazione perfetta della foglia di fico, con sprezzo del ridicolo continua affermando, senza mezzi termini, che, alla luce delle azioni post-pandemiche di Biden e dell’Ue dell’ultimo anno, Keynes è tornato prepotentemente alla ribalta e che, udite udite, il Fondo Monetario Internazionale, si proprio lui!, avrebbe archiviato il neoloberismo… No, vabbè, io capisco che da tre decenni la fu sinistra non faccia altro che narrarsi, ingannando e autoingannandosi, una storia immaginaria utile ad alimentare l’equivoco che il postcomunismo italico avrebbe, nelle sue varie incarnazioni, proseguito nell’opera del Partito, quello con la P maiuscola, il glorioso partitone comunista, ma, insomma, dei limiti ci vorrebbero, altrimenti siamo in pieno clima Truman Show.
Arrivare a dire che i poteri economici e globali transnazionali, rappresentanti del capitalismo finanziario trionfante, si sarebbero tagliati gli attributi da soli rifacendo la socialdemocrazia che tosa la Bestia è da delirio assoluto! Ma tant’è, questa narrazione fasulla calca la scena della politica italiana da almeno due decenni con forza, perpetuando l’equivoco del Pd partito di “sinistra” erede del Pci, congelando così masse di elettori rendendole indisponibili per un vero cambiamento: un capolavoro controriformistico, nella migliore tradizione italiana, assoluto, una politica progressista del gambero, fatta tutta di passi indietro.
Non solo, il nostro, non pago di cotanto lavorio politico ai fianchi del sistema, piazza l’arma retorica finale, assestando il colpo di grazia: ripete il mantra classico di ogni cottarellismo che si rispetti: in fondo in fondo la globalizzazione, a parte qualche aspetto negativo, ha tirato fuori masse di disperati dalla povertà, in Asia, in Africa, in Sudamerica, e quindi è stato, contrariamente alla critica “no global” dei movimenti del 2001, un processo storico tutto sommato positivo…Touché.
Un vero capolavoro di equilibrismo politico stravolto e grondante falsa coscienza: mentre si finge di fare la dolente elegia delle giornate genovesi, con la solita condanna della violenza statale, che ci fu, ovviamente e fu atroce, in realtà si condanna in blocco un intero movimento, che, certo, non fu esente da colpe e ingenuità, ma ebbe almeno il merito di porre al centro la critica della globalizzazione liberista. Bestemmia politica per il partito erede del postcomunismo e del cattolicesimo democratico che ha fatto dell’idolatria della Terza Via, e di ogni singola virgola del Verbo Liberale, la propria Bibbia.
In conclusione: la sinistra “riformista” ufficiale italiana, o almeno quello che i media passano per tale, non capì nulla del movimento di contestazione del sistema economico nel 2001, e continua, nel 2021, a non capirci nulla. Questo è, e questo scacco intellettuale e politico dà la misura della pochezza e dell’impotenza di ceti politici interessati solo alla propria autoriproduzione al calduccio del sistema dominante, limitandosi al massimo a veicolare narrazioni di comodo e intrise di falsa coscienza.
Ed ecco spiegato perché ogni singolo grano del rosario della sofferenza liberista non è stato risparmiato al nostro paese, dai ruggenti Novanta ad oggi, dal Pacchetto Treu al Jobs Act, dalla sacralizzazione del Vincolo Esterno al pareggio di bilancio: avendo abbracciato l’estremismo di mercato di impronta liberale non ci sono più gli anticorpi culturali e politici per opporre una resistenza. Con buona pace dei tanti Provenzano d’Italia.