Se qualche settimana fa abbiamo esplorato il giardino di Galleria Borghese a Roma, oggi entreremo all’interno del tempio romano dell’arte rinascimentale e barocca nel quale, a fianco alla collezione di capolavori pittorici e statuari, dall’8 giugno è presente la mostra di Damien Hirst con oltre 80 opere della serie Treasures from the Wreck of the Unbelievable, realizzate in materiali quali bronzo, marmo di Carrara e malachite. Il progetto è stato reso possibile grazie al supporto di Prada, che da anni indaga in ambiti di ricerca come l’arte, l’architettura, la filosofia, la letteratura con l’obiettivo di elaborare linguaggi e progetti innovativi, in un continuo dialogo con gli scenari più ampi della contemporaneità.
Antico e contemporaneo, realtà e fantasia, autenticità e finzione si incontrano in un allestimento che lascerà chiunque a bocca aperta, tra critiche ed apprezzamenti.
L’origine del progetto nasce da una delle più originali ricerche di Hirst, esposta per la prima volta a Palazzo Grassi e a Punta della Dogana a Venezia nel 2017. Già in questa occasione aveva lavorato con materiali molto diversi, utilizzando marmo, bronzo, corallo, cristallo di roccia, pietre dure che poi nella sede romana ha voluto inserire tra i capolavori della sua collezione, esaltando il suo desiderio di multiformità.
La collezione permanente è così invasa dalle installazioni dell’artista inglese in una contaminazione a dir poco pericolosa, in un continuo osare e mettersi in relazione con le grandi opere.
Spettacolari sono le prime sculture che troviamo all’ingresso, due bronzi che rappresentano due Donne con leone; già nella prima sala veniamo rapiti dalle gigantesche sculture, come La tuffatrice, che creano subito curiosità. Sculture particolari, diverse, che hanno insite tracce di una storia antica, come le Tridacne, due conchiglie di cui una di dimensioni giganti, che creano un raccordo filologicamente perfetto tra una stanza e l’altra, sistemate accanto ad un gruppo di statue dal titolo Cinque amici, che altro non sono che figure storiche di Walt Disney, uno di questi è ovviamente Topolino.
Il secondo piano della Galleria è dunque la consacrazione della contaminazione, con urne di marmo, teste femminili in oro e argento, una ciotola di lapislazzuli e bronzo, la statua di Cerbero, tre teste di Medusa che sono state accuratamente posizionate accanto all’opera di Caravaggio La Madonna dei Palafrenieri; uno degli azzardi più coraggiosi è il quadro costellato di macchie di colore posizionato sopra L’amor Sacro e l’Amor Profano di Tiziano.
A coronamento, lo spazio esterno del Giardino Segreto dell’Uccelliera è conquistato dalla colossale scultura di Hydra and Kali.
La mostra romana presenta non solo sculture, ma anche un gruppo di lavori pittorici dello stesso Hirst, tratti dalla serie Colour Space del 2016, che costituisce un’evoluzione degli Spot Paintings, le famose macchie di colore presenti nelle sue opere precedenti: essa infatti vede l’infiltrazione di elementi umani, poiché le opere sono rese come “cellule al microscopio”.
Cosa accomuna il Cardinal Borghese e Damien Hirst? L’ossessione per il collezionismo, che in questa sede contrappone la serietà maniacale dei collezionisti di ieri e di oggi, la cultura pop con la moda antica delle Wunderkammer.
Prima dell’inaugurazione Hirst ha affermato: “L’origine dei treasures works riguarda l’ossessione del collezionare arte, ed è un tentativo di tracciare una linea visiva ininterrotta dal passato attraverso gli ultimi duemila anni fino ai giorni nostri. Se tracciassimo quella linea, senza dubbio troveremmo Borghese. È difficile ma importante ricordare che Scipione Borghese era interessato all’arte del suo tempo quanto a quella antica, quindi avere una mostra contemporanea accanto a queste opere, per me ha totalmente senso e non vedo l’ora di vedere le mie nella Galleria Borghese”.