Purtroppo, il nostro spirito manicheo ci induce spesso a semplificare vicende complesse, commettendo la leggerezza di isolarne un fatto per trarre da questo la conclusione che riafferma i nostri pregiudizi. C’è una parte che ha pienamente ragione e c’è una parte che ha pienamente torto. Noi ci troviamo immancabilmente collocati dalla parte giusta.
Così, anche quando ci si palesa l’eterna lotta per le sfere di influenza – che vede oggi di scena l’occupazione russa dell’Ucraina – tralasciamo tutto quanto è avvenuto negli ultimi decenni e ignoriamo il più ampio contesto globale nel quale la contesa ha luogo. Selezioniamo gli aspetti che confermano la nostra posizione e li brandiamo.
C’è stata una fase storica durante la quale due blocchi, egemonizzati rispettivamente dagli USA e dall’URSS – contrapposti per cultura politica, pulsioni ideali e sistemi sociali – avevano stabilito i relativi ambiti di influenza. Si trattava di un ‘equilibrio’ esplicitato alla fine delle seconda guerra mondiale. Qualsiasi evento suscettibile di alterare tale equilibrio – come cambiamenti di regime, ad es. a Cuba, o le vicende della Corea e del Vietnam del nord – vedeva le due superpotenze fronteggiarsi a distanza e magari confliggere ‘per procura’.
Comunque, nonostante una certa avanzata del socialismo – che ha raggiunto la sua massima estensione nel 1975, e numerosi colpi di stato in America latina fomentati dagli USA per installarvi ‘filiali’ dittature militari – l’equilibrio permaneva piuttosto stabile. Ciò anche per il non trascurabile effetto della reciproca minaccia nucleare.
Tutto è cambiato con la dissoluzione dell’URSS, nel 1991. Si è inaugurata una fase storica durante la quale un’unica superpotenza ha ‘dettato legge’ al resto del mondo. Il Patto di Varsavia (l’alleanza militare nata nel 1955 tra gli Stati socialisti del blocco orientale) ha cessato di esistere, ma non altrettanto l’omologa NATO (l’organizzazione militare occidentale sorta nel 1949 con il Trattato dell’Atlantico del Nord). Trainati dalla globalizzazione economica liberista, gli USA e i suoi alleati occidentali hanno preteso di estendere ad altri Paesi i propri interessi, valori (che sono in fondo quelli dell’elite affarista dominante) e la propria (presunta) superiorità morale. Così, le numerose guerre attuate per assicurare all’Occidente le sue sfere di influenza sono state presentate, a seconda delle occasioni, come guerre ‘umanitarie’, oppure guerre per ‘esportare la democrazia’.
Nell’Europa dell’est, i Paesi prima facenti parte del blocco sovietico sono stati gradualmente
assorbiti nell’orbita della NATO. Nel mentre, l’Unione Europea e, contestualmente, le catene
produttive tedesche si allargavano nella medesima direzione.
Dopo un lungo ‘corteggiamento’, si stava ora avvicinando il turno dell’Ucraina. Tuttavia, il dato ineliminabile è che nel mondo esistono storie, tradizioni, culture, religioni e valori diversi. (Lo si è constatato di recente in occasione del ritiro dall’Afghanistan; 20 anni di occupazione militare che non hanno modificato di una virgola la condizione del paese).
Inoltre, i fallimenti e i nodi irrisolti della globalizzazione liberista, con le sue crisi economico-finanziarie e la sua speciosa realtà democratica (persino il voto è ormai un rito sterile) sono finalmente emersi. La ‘mondializzazione’, ben prima della pandemia, ha iniziato a rinculare. Sono risorti nazionalismi e protezionismi. Nemmeno gli USA stessi ne sono rimasti esenti, arrivando ad eleggere un Presidente intenzionato a ritrarre il Paese nei propri confini.
La globalizzazione conteneva inoltre gli elementi dai quali sono germinate nuove potenze, fra le quali spicca la Cina. (E i progressi del ‘rivale’ cinese sono istericamente demonizzati negli USA). Siamo giunti a dover constatare la scomoda realtà che il mondo è sempre meno unipolare.
Così, in un momento di relativa ‘debolezza’ per l’Occidente, la Russia, umiliata e posta sotto
pressione per 30 anni, sta ora affermando che l’Ucraina costituisce il ‘limes’. Si tratta del limite della sfera di influenza occidentale. Putin dice no ad ulteriori ampliamenti della UE e della NATO lungo i propri confini. L’Occidente arma da tempo i paesi baltici e la Polonia. Per sfilarla dall’ambito russo, ha perfino agevolato il colpo di stato avvenuto nel 2014 in Ucraina, provocando il gigante autocratico. Fino a ciò che accade oggi.
L’intervento militare non dovrebbe mai essere il mezzo per la soluzione delle controversie internazionali, quindi anche l’occupazione dell’Ucraina è, in questo senso, da biasimare. Auspichiamo allora che la diplomazia torni quanto prima ad occupare il proscenio. Sarebbe anche auspicabile che l’Ucraina si impegnasse a restare estranea rispetto al gruppo dei Paesi membri della NATO e, magari, a riconoscere una maggiore autonomia alle regioni del Donbas.
Ma dovremmo anche fare a noi stessi un esame di coscienza, sforzarci di comprendere le ragioni altrui e trovare nel prossimo futuro nuove forme di cooperazione con il mondo russo. E prima di esibire la bandiera della democrazia in opposizione ad altri Paesi, dovremmo riformare e rendere effettiva ed inclusiva la nostra.