Considerata l’irresistibilità delle loro armate, i neoassiri formulano minacce credibili – ma come abbiamo visto sanno anche blandire.

A questo punto si fa strada l’ipotesi che, con il loro alternarsi di toni ed esempi di condotta nei confronti delle nazioni sottomesse, gli annali dei re assiri, più che un libro scritto col sangue dei vinti, fossero il sofisticato strumento di un ben preciso disegno politico, il cui obiettivo era terrorizzare i potenziali nemici sì da indurli a preferire la resa ad un annientamento che, altrimenti, veniva eloquentemente promesso. Questa tesi viene sostenuta in un articolo apparso a inizio secolo su un quotidiano nazionale a firma di S. Ginzberg, che rimanda a un’opera di carattere specialistico dello storico Bustenay Oded. Secondo l’autore i sovrani assiri sarebbero stati i primi a teorizzare il principio della “guerra giusta”, recentemente ripreso dagli Americani; e l’affermazione della superiorità schiacciante delle forze armate del re – l’esercito assiro, non solo la sua guida, è sempre al centro delle vicende narrate, ed è lodato per la sua invincibilità – sarebbe funzionale non tanto ad intimorire l’avversario, quanto ad “evitare la guerra con la sola minaccia della guerra, la dimostrazione di forza”. Il re non darà l’ordine di attacco perché ami la guerra, che anzi aborre – prosegue l’articolo – ma per il bene del mondo. In quest’ottica è evidente che gli alleati che defezionano saranno trattati alla stregua di nemici.

Cominciano ad emergere elementi interessanti per lo studioso di psyops: l’impiego di una categoria di professionisti alle dipendenze del governo (gli scribi di palazzo) per la redazione di testi scritti; l’ostentazione di forza finalizzata al conseguimento dei risultati di una guerra vittoriosa senza che sia necessario combatterla; la credibilità della minaccia così come delle promesse. Siamo agli albori delle operazioni psicologiche? Dopo averlo – non solo implicitamente – sostenuto, l’autore frena: “questi documenti di propaganda differiscono per molti aspetti dalle giustificazioni delle guerre moderne (…) si tratta di testi scritti per le audience del futuro più che per i contemporanei”, chiosa alla fine.

Sottoponiamo a critica quest’ultima asserzione, decisamente poco coerente con l’analisi che precede. C’è ad esempio un passo, nelle iscrizioni già menzionate, che ci dà un’idea dell’importanza attribuita dal re alla diffusione dei testi: “possano Anu e Vul, i grandi dei, consegnare alla perdizione il nome di chiunque danneggerà le mie tavolette e i miei cilindri, o le inumidirà con l’acqua o le bruciacchierà col fuoco, ovvero – è questo il passaggio più interessante – assegnerà loro, nella sacra casa del dio, una posizione ove non possano esser viste o comprese (…) “ e via maledicendo. L’elemento non è in sé decisivo: la minaccia potrebbe essere rivolta ai sudditi, o addirittura alle generazioni future (“possa il suo nome e la sua razza perire”). Esiste tuttavia un’altra fonte, ben più accessibile delle iscrizioni assire, cui è possibile far riferimento: si tratta della Sacra Bibbia. Nell’Antico Testamento gli assiri sono una presenza costante e temuta: “portano oscurità, non luce, morte, non vita” (Isaia), ma sono anche il terribile strumento dell’Altissimo per punire il Suo popolo quando si allontana dal rispetto della legge mosaica. Il libro di Giuditta si apre con il racconto della campagna intrapresa dal re degli Assiri contro il Paese dei Medi. Il signore di Ninive, in vista della guerra, spedisce messaggeri ai popoli dell’oriente e dell’occidente, ordinando loro di accorrere con le loro schiere e di porsi sotto il suo comando: quelli però “disprezzarono l’invito di Nabucodonosor re degli assiri e non lo seguirono nella guerra, perché non avevano alcun timore di lui, che ai loro occhi era come un uomo qualunque”. Offeso dalla risposta sprezzante, il re giura vendetta: dopo aver sottomesso i Medi e ucciso Arpacsàd, loro re, egli allestisce un esercito di centoventimila fanti e un forte contingente di cavalleria e carri da guerra per “punire con la distruzione chiunque non si era allineato con l’ordine da lui emanato.” Ecco il compito affidato al generale Oloferne: “muoverai contro tutti i paesi di occidente, perché quelle regioni hanno disobbedito al mio comando. A costoro ordinerai di preparare la terra e l’acqua, perché con collera piomberò su di loro e coprirò la terra con i piedi del mio esercito e li metterò in suo potere per il saccheggio. Quelli di loro che cadranno riempiranno le valli e ogni torrente e fiume sarà pieno dei loro cadaveri fino a straripare; i loro prigionieri li spingerò fino agli estremi di tutta la terra”. Inutile proseguire nella narrazione: dopo immani devastazioni e stragi sarà la mano di Dio a fermare gli assiri.

Tralasciamo il particolare che Nabucodonosor II per la Storia è un monarca babilonese e non assiro (può darsi che l’estensore sbagli banalmente sovrano, ma anche che la “tecnica” sia sopravvissuta ai suoi ideatori): ciò che importa realmente osservare è che il re menzionato nella Bibbia usa esattamente lo stesso linguaggio – parola per parola – delle Iscrizioni reali assire! L’assonanza potrebbe essere casuale, o frutto della comune origine semitica dei due popoli: ma è certo più logico ipotizzare che l’eco della propaganda assira fosse giunta fino alla remota terra di Israele.

Se così fosse, e non abbiamo ragione di dubitarne, dovremmo concludere che i mesopotamici sono stati i primi a servirsi delle operazioni psicologiche in ambito militare, con buon successo e continuativamente. Alle rudi (e credibili) minacce di annientamento faceva da contraltare, per chi si sottomettesse spontaneamente, il balenio di opportunità di una vita migliore, sotto il giogo benevolo dei sovrani di Ninive. “Parcere subiectis, debellare superbos”: il celebre verso virgiliano riassume efficacemente anche l’orizzonte politico dei seguaci di Ashur. E’ appena il caso di notare che, per crudele ironia della Storia, proprio la terra d’origine degli antesignani di psyops è stata interessata, nell’ultimo trentennio, da devastanti conflitti nel corso dei quali, come mai in passato, si è fatto largo uso delle operazioni psicologiche.