L’abbiamo rischiata bella; salvata in extremis l’etichettatura dell’origine del grano usato per la pasta. Pare che tutti avessero dimenticato che l’etichettatura su pasta, pomodoro, latte scadesse il 31 luglio, provvedimento ora prorogato fortunatamente al 31 dicembre 2022. Dal primo gennaio entreranno in vigore le norme Ue sull’origine del grano, ingrediente primario, norme che potrebbero però rivelarsi poco chiare per i consumatori. Resta comunque confermata da parte dei pastai italiani l’attenzione ad acquistare il grano di migliore scelta, quello italiano, più “sano” di quello canadese. E mentre si parla di etichettatura, in Ue si prepara una discutibile apertura alle nuove tecniche genomiche; gli OGM, rischiano di essere sdoganati.
Quali responsabilità nel nostro ordinamento?
Il ministero delle Politiche agricole ha già provveduto ad inviare i decreti di proroga dell’etichettatura ai ministeri concertanti, ovvero a quello della Salute e dello Sviluppo economico, per estendere fino al 31 dicembre 2022 l’obbligo di indicare in etichetta l’origine delle materie prime, etichettatura in scadenza a fine anno. Saranno interessati dalla garanzia di avere un’etichetta la pasta con il grano duro, il pomodoro, il riso, il latte e i prodotti caseari, nonché le carni suine trasformate.
Quali i rischi dalla nuova normativa?
La situazione attuale, valida fino al 31 dicembre, prevede sull’etichetta, e facciamo riferimento soprattutto al grano, la dicitura “Paese di coltivazione del grano: Italia” e “Paese di molitura: Italia”. A noi consumatori sembrerebbe a prima vista che queste diciture ci aiutino a mantenere la sicurezza di scegliere grano italiano e non quello, ad esempio, canadese, irrorato con glifosato a go go. Dal prossimo anno, però, ci sembra di cadere nel ridicolo, la questione diventerebbe sempre più intricata. Si passerà a regole che prevedono comunque indicazioni sulla provenienza degli ingredienti principali, ma in modo meno stringente di quelle in vigore in Italia fino a fine anno, lasciando in sostanza molta più flessibilità sull’indicazione dell’origine del prodotto nell’etichetta. Se nell’acquisto di un pacco di pasta troveremo sulla confezione la foto di una bandiera tricolore, attenzione, occhi aperti, non è detto che il grano di quel pacco di pasta sia italiano, dobbiamo controllare con uguale attenzione l’etichetta! L’immagini da sola ci porta fuori strada!
Ma qual è il trend del mercato del grano?
Secondo Coldiretti la certezza di acquistare pasta con 100% di grano italiano ha fatto crescere in Italia la produzione quasi 2 volte e mezzo, spingendo le principali industrie agroalimentari a promuovere delle linee produttive con l’utilizzo di cereale interamente prodotto sul territorio nazionale. Parallelamente si è registrato, però, un vero e proprio caro prezzi determinato dagli aumenti delle quotazioni internazionali del grano, legati al dimezzamento dei raccolti in Canada. Il paese nordamericano è il principale produttore mondiale e diventa inevitabilmente il fornitore di un’Italia che è costretta oggi ad importare circa il 40% del grano di cui ha bisogno; i rifornimenti per noi italiani sono dipendenti dalle fluttuazioni e dalle speculazioni sui mercati. Purtroppo questa importazione avviene, nonostante che in Canada sia consentito in preraccolta l’utilizzo del glifosato, vietato sul territorio nazionale italiano.
Quale soluzione secondo Coldiretti?
Investire sul grano italiano. Come scrive Coldiretti e il suo presidente Ettore Prandini, l’Italia è il secondo produttore mondiale con un quantitativo di 3,85 milioni di tonnellate ma è anche il principale importatore perché molte industrie, anziché garantirsi gli approvvigionamenti con prodotto nazionale, hanno preferito speculare sul mercato internazionale. Ci sono, invece, le condizioni per rispondere alla domanda di italianità dei consumatori e per investire sull’agricoltura nazionale che è in grado di offrire produzioni di qualità, realizzando rapporti di filiera virtuosi senza glifosato e pesticidi. Ineludibile poi affidarsi, sulla questione grano, alla serietà dei nostri pastai che finora non hanno rinunciato a specificare l’origine del grano sui loro prodotti, a difesa della salute dei cittadini e della pregiatezza del Made in Italy.
Che succede in Europa? Nel Regno Unito grano sotto attacco, incertezze della Ue
Nel Regno Unito via libera per il grano al genoma editing, per il momento considerato ancora OGM, scelta per il momento vietata in UE, (chissà fino a quando?)
La Corte di giustizia dell’Unione europea è intervenuta con tempestività precisando che il grano prodotto attraverso le Ngt, le nuove tecniche genomiche o genoma editing (di cui vi abbiamo parlato in un articolo precedente), va equiparato al grano Ogm. Pertanto, non può essere coltivato nei campi dei 27 Stati membri del blocco, neppure in via sperimentale, mentre Londra autorizza semine in campo e apre la sfida. L’obiettivo inglese è quello di autorizzare la produzione di un grano più resistente ai cambiamenti climatici e a basso contenuto di asparagina, un amminoacido naturale che, nelle lavorazioni ad alta temperatura, come quelle necessarie per produrre il pane, viene convertito in acrilammide, sostanza a chiare lettere considerata “probabilmente cancerogena” dallo Iarc, l’agenzia dell’Oms (Organizzazione mondiale della Sanità) per la lotta al cancro. Decisamente contrari i Verdi europei. Per voce dell’eurodeputato tedesco Martin Hausling, i Verdi hanno avvertito il Regno Unito: “I consumatori non vogliono alimenti e mangimi geneticamente modificati”. In Italia Confagricoltura minimizza e purtroppo la Commissione europea apre alcune possibilità.
Ma quando sarà prioritaria la salute dei cittadini? Vogliamo certezze nelle etichettature; la tutela della salute nelle importazioni dei prodotti va realizzata tenendo fede al principio di precauzione (controllo a monte e non a valle dei prodotti) che rischia di essere smantellato; ciò vuol dire no pesticidi, no glifosato, no OGM ed affini.
Dario Prestigiacomo, Agrifoodtoday, “Nel regno unito via libera al genoma editing”, 3 settembre 2021
Francesca Biagioli, da Salvagente, “Etichetta d’origine della pasta: decreto in scadenza, diventerà più difficile riconoscere quella 100% italiana”, 26 ottobre 2021
Emiliano Sgambato, da sole24ore, “Scade il decreto sull’etichetta d’origine. Coldiretti: «Addio pasta 100% italiana”, 25 ottobre 2021
Sara Rossi Etichette & Prodotti, da ilfattoalimentare, “Origine degli alimenti: obbligatoria solo per alcuni prodotti. Ecco le regole per quelli più comuni”, 16 Giugno 2021
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