Il totale fallimento dell’opzione politica espressa dal voto nel 2018 ha determinato un forte riflusso di tutta quella parte di cittadinanza che si era mossa per poter essere artefice del cambiamento.
Come la Grecia del 2015, il “tradimento politico” delle idee che avevano animato l’exploit del M5S e della Lega ha determinato un forte ridimensionamento di questi due attori. Soprattutto il M5S, che non aveva e non ha tuttora un forte radicamento territoriale e di quadri dirigenti che possano gestire la fase attuale in maniera da tenere in piedi il movimento fondato da Grillo, è quello che più di tutti soffre di una mancanza di strategia di lungo termine.
Per chi invece aveva dato un contributo esterno ed estemporaneo, la domanda più importante che si pone è: come far ripartire un percorso che, a scanso di equivoci, ha delle fondate ragioni per continuare a portare avanti la sua visione politica? Tutte le questioni poste in questi dieci anni infatti rimangono ancora inalterate e sul tappeto.
Prima di tutto bisogna considerare che non c’è nessuna forza partitica di un certo spessore che dia sicurezza nel portare avanti la battaglia noeuro. C’è anche da tenere ben presente il problema di un’opinione pubblica che deve essere edotta sulle questioni base e sul perché c’è una proposta di uscita dalla moneta unica. L’euro infatti lo si può far funzionare ma solo in presenza di alcune pesanti condizioni: l’esistenza di trasferimenti fiscali interni (cosa che i paesi cosiddetti frugali e la Germania scartano a priori), quindi una politica di bilancio realmente comune e il superamento dei “paradisi fiscali” come Paesi Bassi e Irlanda e un coordinamento tra le politiche economiche dei vari paesi con quelle della BCE (ma già Gentiloni ha chiarito qualche tempo fa che i governi devono adeguarsi alle politiche della banca centrale e non il contrario!).
Stante queste condizioni minime, che sulla carta potrebbero funzionare, il fattore politico (posizione della Germania) che le blocca, rende pesantemente disfunzionale per le economie “deboli” il mantenimento della moneta comune.
Questi argomenti purtroppo non vengono adeguatamente portati a conoscenza dell’opinione pubblica dalla “libera stampa” europea e si preferisce ridicolizzare il tutto prendendo in giro chi pensa di risolvere i problemi stampando denaro (cosa peraltro fatta dalla BCE). Dimenticandosi che stiamo parlando di strumenti che devono essere utilizzati (o meno) per ottenere determinati effetti sul quadro economico. Garantire il debito pubblico non è una questione secondaria, ma una condizione importante per mantenere la fiducia sugli strumenti finanziari che gli stati utilizzano.
L’esistenza di forze politiche noeuro non basta per uscire dalla moneta unica, ci vuole anche una consapevolezza culturale dei problemi sottostanti. Forse è questa una delle battaglie che bisogna percorrere prima di tante altre.