Ad Amélie Poulain piace: voltarsi nel buio del cinema ad osservare le facce degli altri spettatori; tuffare la mano in un sacco pieno di legumi; rompere la crosta della crème brulée con la punta del cucchiaino; far rimbalzare i sassi sul Canal Saint-Martin.
Se anche voi come me siete rimasti folgorati da Il Favoloso Mondo di Amèlie, uscito nelle sale francesi il 25 aprile 2001, avrete sicuramente letto le prime righe con l’intonazione e la voce del narratore un po’ cantastorie di questo film geniale che ha fatto sognare anche le persone meno romantiche.
Ciò che distingue la giovane parigina è ciò che la rende un personaggio immediatamente apprezzabile dal pubblico: risulta facile identificarsi in lei, riconoscendo le sue paure e le sue difficoltà quotidiane. Amélie si sente intrappolata in un mondo che rifiuta la sua sensibilità e la sua autenticità, caratteristiche che non è riuscita a reprimere dietro ad una maschera di convenzioni sociali. Così, fin da piccola decide di rifugiarsi nell’unico mondo che non può essere controllato: la sua immaginazione.
Questo film è un turbinio continuo di emozioni e sensazioni e, tra le tante cose, colpisce la maniacale capillarità con la quale vengono descritti i personaggi, tramite dettagli sui quali nessuno si soffermerebbe mai: prima dell’aspetto fisico, prima ancora del carattere, viene presentato per quello che ama e quello che odia. Come se il film seguisse pedissequamente il carattere della protagonista, attenta alle piccole cose, agli odori, agli sguardi e ai sentimenti, gli stessi sentimenti che la maggior parte delle persone nemmeno si rende conto di provare, perché troppo presa da altro.
In questo modo Amélie, si mostra sia come dama in pericolo sia come cavaliere salvatore, con il desiderio di rendere migliori le vite delle persone che la circondano e aggiustando i loro pasticci come rifiuto al confronto con le proprie difficoltà.
Questa pellicola si presenta a tratti surreale, con immagini a volte quasi confuse, schemi ingarbugliati, suoni dolci e palpitanti e una voce fuori campo che è in grado di farti innamorare già alla prima frase. Il regista decide di incorniciare il tutto con dei colori vitaminici, delle particolari sfumature cromatiche di verde, giallo, rosso ispirate ai quadri del pittore Juarez Machado.
Juarez Machado, L’ultimo Tango, 1941
Juarez Machado, Dolce bussola sull’acqua
Quest’opera leggera e spensierata nasconde un messaggio profondo e addirittura poetico sulla condizione umana, rappresenta un inno al problema dei rapporti umani e al dramma del confronto con il prossimo.
In questo film, la giovane parigina ci fa capire che la paura non dovrebbe mai essere una ragione per arrendersi e ci insegna a superare a suo modo gli ostacoli della vita grazie al suo microcosmo colorato nel quale ognuno di noi può trovare rifugio nei momenti tristi: Amélie è insita in tutti noi, basta imparare ad ascoltarla.