Cos’è il quantum computing? I computer quantistici sono delle nuove tipologie di dispositivi che consentono di rappresentare e manipolare l’informazione non tramite i classici bit “0” e “1”. Essi utilizzano i quantum bit o qubit, oggetti più complessi che sfruttano delle proprietà della fisica quantistica: la sovrapposizione di stati, l’entanglement, e l’interferenza quantistica. Il vantaggio principale dei computer quantistici è che, potenzialmente, questa categoria di elaboratori potrebbe risolvere alcune famiglie di problemi. Si tratta di quelle famiglie che in gergo tecnico sono chiamate “classi di complessità”. Ovvero questioni che oggi sono molto difficili e richiedono risorse temporali, tecniche ed economiche eccessive per poterle affrontare. Si tratta di un campo affascinante, ma non privo di notevoli criticità sia da un punto di vista scientifico che ingegneristico, vista la fragilità dei sistemi quantistici, che devono essere schermarti da radiazioni e mantenuti a temperature prossime allo zero.
L’idea del quantum computing nasce tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80, quando i ricercatori iniziarono a teorizzare il fatto che le proprietà della meccanica quantistica potessero essere utili per elaborare in modo diverso l’informazione rispetto ai paradigmi tradizionali. Negli anni ’90 iniziarono a essere sviluppati i primi algoritmi di calcolo quantistico tramite un algoritmo potenzialmente utile per la crittoanalisi. Nella prima decade degli anni 2000 si sono viste sempre di più implementazioni fisiche dei qubit, tramite diversi paradigmi come quello superconduttivo (fenomeno fisico che comporta resistenza elettrica nulla) o quello basato su trappole ioniche (dispositivo in grado di catturare ioni con l’ausilio di campi elettrici e magnetici). Negli ultimi anni tutte le grandi aziende high-tech hanno investito nel settore. Tra le multinazionali della tecnologia si possono citare ad esempio Google, con il suo processore Bristlecone a 72 qubit, IBM, che nel gennaio del 2019 ha annunciato il suo computer quantistico commerciale IBM Q e Microsoft.
Allo stato attuale è possibile far funzionare dei qubit, ma non è ancora sicuro al 100% il raggiungimento della supremazia quantistica. L’evoluzione della ricerca ora affronta numerose linee e le questioni sul tavolo sono in primo luogo la scalabilità dei sistemi. Non tutti gli approcci infrastrutturali ora esplorati saranno estendibili con facilità, inoltre, vi è il problema della correzione degli errori. E ancora si dovrà procedere all’esplorazione delle prime applicazioni industriali e alla creazione di framework e linguaggi per sviluppare software in grado di sfruttarne le potenzialità delle tecnologie quantistiche. Nel breve termine, le applicazioni più probabili della computazione quantistica riguarderanno le simulazioni, visto che richiedono pochi qubit, in particolare per quanto riguarda i sistemi a loro volta basati su proprietà quantistiche. Ad esempio, in ambito chimico-biologico ci sono numerose ipotesi: dalla ricerca farmaceutica alla creazione di nuovi materiali, dall’analisi dei fertilizzanti a quella dei sistemi. L’IBM, in collaborazione con altre 30 organizzazioni, ha creato il Covid-19 High Performance Computing Consortium e lo ha fatto aggregando più di 400 petaflop di potenza di calcolo (un petaflot corrisponde a un milione di miliardi di istruzioni al secondo) e 100 mila nodi per gestire un ampio portafoglio di progetti. Con quale finalità? Quella di comprendere più rapidamente l’evoluzione del virus e consentire agli scienziati di accelerare lo sviluppo di antivirali e di un vaccino. Ma l’uso del calcolo quantistico, abbinato ai super computer HPC, non si limita alle applicazioni dettate dall’attuale emergenza pandemica.
Nel medio termine si possono ipotizzare anche applicazioni legate alle simulazioni e ai big data, come ad esempio nella finanza o nella ricerca scientifica. Nel lungo termine è possibile che gli attacchi quantistici possano spezzare alcuni degli algoritmi di crittografia oggi regolarmente utilizzati nelle transazioni finanziarie (inclusi molti sistemi di crittografia su cui si basano le blockchain) e nella messa in sicurezza di comunicazioni militari. Si tratta di qualcosa che non accadrà domani, servono quantità molto elevate di qubit per rendere realizzabili queste applicazioni, ma già oggi stanno nascendo filoni di ricerca relativi alla crittografia post quantistica o quantum safe.
Un ultimo filone di analisi riguarda le potenziali applicazioni legate all’intelligenza artificiale e al machine learning. Si tratta per ora solo di uno scenario ipotetico e non è possibile fare previsioni. Tuttavia, la ricerca sul quantum machine learning si sta estendendo sempre di più, dato che, qualora fosse effettivamente possibile accelerare l’apprendimento in una rete neurale o migliorare i sistemi di apprendimento statistico, le applicazioni sarebbero enormi e toccherebbero tutti i settori, come oggi accade per l’intelligenza artificiale classica. Negli ultimi anni si è assistito a un crescente volume di investimenti pubblici e privati per lo sviluppo di computer quantici e di tecnologie quantistiche.: numerosi governi, viste anche le implicazioni nella difesa e nell’intelligence, stanno finanziando progetti di ricerca a riguardo. La Cina e gli Stati Uniti hanno lanciato programmi pluriennali nell’ordine dei miliardi di dollari. E anche l’Unione Europea ha lanciato il Quantum Flagship programme per il valore di un miliardo di Euro. Molti altri paesi, dal Canada a Singapore, hanno investito risorse e sono state in grado di attrarre professionisti nei loro centri di ricerca.
Si tratta di un fenomeno che continuerà nel breve termine e che porterà alla costruzione di nuovi ecosistemi. Chi riuscirà a a stare al passo, potrà giocare un ruolo importante nella “seconda rivoluzione quantistica”, una rivoluzione che sarà basata sull’apertura di spazi di applicazione nuovi nelle telecomunicazioni, nella comunicazione, nella sicurezza e nell’elaborazione di informazioni.