Esposizioni diverse, nuove e particolari sono quelle che caratterizzano l’esposizione annuale “L’arte non mente”, ospitata nel parco di Sant’Osvaldo a Udine. Questa edizione – Sotto cieli laterali – si è svolta interamente al padiglione 9, che fino al secolo scorso ospitava la sezione femminile dell’ospedale psichiatrico di Udine.
L’esposizione inizia direttamente nel cortile antistante l’edificio, dove sotto il grande albero sono disposte delle istallazioni cilindriche luminose che attorniano un appendino agganciato su un ramo e che sorregge una gonna velata e illuminata come un paralume. Questa prima istallazione fa già intendere il fil rouge e la tematica di questa nuova edizione che si fa subito più chiara all’interno.
I primi artisti che incontriamo nell’ambiente chiuso sono Alfonso Firmani e Silvia Braida.
Per seguire il titolo dell’iniziativa, quest’ultima ha deciso di attivare il suo pensiero laterale, per incamminarsi in strade mai considerate e per osservare la realtà da diverse angolazioni così da scoprire visioni inaspettate. Le opere a mio parere più affascinanti e profonde sono quelle chiamate “Tracce”, dove le protagoniste sono le forti radici che lavorano in silenzio, scavando in profondità e lasciando tracce attraverso sculture indelebili che rendono evidenti le connessioni con le radici familiari.
Per evidenziare questo passaggio infatti, Silvia ha utilizzato vere e proprie radici di tutte le forme e dimensioni e le ha messe in contatto e in relazione con foto appositamente collocate vicino per creare connessioni finemente studiate. Questi legami così creati sono chiamate “Innesti e sinapsi”, dove la radice indica una via e la sua materialità coinvolge emotivamente. Queste radici si intrecciano per sottolineare il legame con la dimora, elemento fondante per i ricordi, i pensieri, i sogni e fortemente incisa dentro l’anima dell’artista.
Le opere di Alfonso Firmani sono profonde e arrivano allo spettatore in diverse maniere: alcune suscitano un sento di inquietudine, altre fanno riflettere, altre ancora trasmettono serenità. Come afferma l’artista, il padiglione 9 è fatto di densità emotiva che quasi rasenta la materialità; è uno spazio che sembra mosso da onde fatte di voci dentro storie lontane.
È uno spazio diametralmente opposto alle sale asettiche e candide solitamente dedicate all’arte contemporanea, questo luogo fa sentire l’esigenza della poesia. Lo scopo di Alfonso è quindi di raccontare queste storie attraverso tematiche adatte da trattare con cautela e cura. Il tema da lui affrontato è la “Dissolvenza, assenza”, tema tragico ma reale. L’arte vuole essere anche ricerca delle forme da dare alla mancanza, e l’artista vive il tutto come uno stato di necessità che produce inquietudine verso la ricerca della forma più adatta per accogliere il significato di “assenza”. L’artista afferma che le sue opere non sono da individuare singolarmente, ma come frammenti di un tutto, poste in corrispondenza tra loro.
A conclusione dell’esposizione troviamo la stanza con l’opera “Safe-keeping” di Sarah Bennett. La ricerca dell’artista è iniziata nel 2012 al Laboratorio della Mente, museo che offre il massimo negli oggetti che contiene. Infatti Sara è entrata in contatto con i pacchi contenenti gli oggetti personali abbandonati dal 1978, quando passò la legge Basaglia sui manicomi. Dopo diversi studi, anni e incontri, l‘artista ha deciso di utilizzare la “rimessa in scena” come metodologia di ricerca: ha infatti riproposto l’evocazione dell’incontro affettivo con questi pacchi. Ha eseguito un’esibizione con le mani davanti a una telecamera fissa, mentre con le dita tastava le pieghe e scuoteva gli oggetti; dopo il montaggio del video e del suono, il lavoro è stato installato come un’opera video a quattro canali. Con questa serie di gesti ripetitivi, l’opera voleva dare quel “segno incontrato” che può indurre nel pubblico una risposta affettiva.
Il luogo che ospita questa esposizione, insieme agli incontri con gli artisti e le serate di presentazione, offrono al fruitore un ambiente suggestivo, emozionante che trasmette mille racconti di vita vissuta dentro un ospedale psichiatrico.