La guerra in Ucraina si trova in condizione di sostanziale stallo e non si intravedono spiragli di trattativa.
Con riferimento all’invio di armi da parte del nostro Paese, è senz’altro condivisibile la posizione di chi sostiene che ci troviamo in stato di violazione dell’art.11 della Costituzione.
Il nostro governo e l’Unione europea dovrebbero intraprendere iniziative volte a favorire il dialogo fra i belligeranti e invece – trascinati dagli Stati Uniti – siamo schierati con una parte, inviando armi e risorse finanziarie nel “pozzo senza fondo” ucraino. Continuiamo ad alimentare il conflitto a cui, di fatto, partecipiamo.
Perché non rispettiamo la Costituzione? Il problema è che vogliamo l’Ucraina nella Ue, nel suo mercato e nella sfera di influenza occidentale. Siamo insomma, per ragioni geopolitiche, interessata parte in causa. (Naturalmente, i nostri politici celano l’essenza della nostra cobelligeranza dietro la coltre fumogena di nobili principi quali libertà e democrazia).
La Federazione russa occupa, al momento, quattro province ucraine – che ha annesso –, oltre alla Crimea. Potremmo accontentarci dello “status quo” e sollecitare una parte terza affinché questa proponga ai due Paesi in conflitto un tavolo della pace o, almeno, un cessate il fuoco? La risposta è no. Siccome il nostro proposito sono gli affari, ossia l’allargamento del mercato euroamericano inglobandovi l’Ucraina, non possiamo accontentarci.
La parola chiave, da tacere a tutti i costi – complice la distrazione dell’opinione pubblica con il trito e ritrito motto “ci sono un aggressore e un aggredito” –, è la parola “territori”. Trattare significherebbe porre al centro del negoziato la questione dei territori. Dal nostro punto di vista, la guerra non può chiudersi con una ufficiale cessione territoriale alla Russia. Ciò riguarda in particolare la parte dell’Ucraina orientale chiamata Donbass (regione già russofona e ormai occupata dai reparti militari russi) nonché la più ricca di risorse del Paese. Ecco perché, retorica a parte, rigettiamo qualunque ipotesi di compromesso negoziale.
La cessione territoriale in argomento si sarebbe potuta evitare se gli Stati Uniti avessero accolto la via diplomatica prima (sottolineiamo, prima) dell’invasione russa iniziata a fine febbraio 2022. Ma ora è tardi. Se Biden avesse nel 2021 prestato ascolto alle richieste russe rivolte alla neutralità militare dell’Ucraina (ossia l’abbandono del Paese da parte delle forze Nato, di fatto già insediate) e a una soluzione pacifica del conflitto interetnico nel Donbass, non ci troveremmo ora sull’orlo di uno scontro diretto – e potenzialmente letale – con la Federazione russa. (Un grande Paese con il quale abbiamo sempre avuto ottime relazioni, persino durante l’era sovietica; fino al 24 febbraio 2022 nessuno si era mai sognato un pericolo russo).
La Ue continua a camminare come un sonnambulo. Resta supina agli ordini degli americani, consci da parte loro di combattere una guerra per procura le cui finalità sono la messa fuori gioco di un avversario geopolitico e il mantenimento della loro supremazia planetaria. (Questa guerra è, già dal 2014, un conflitto fra la Nato e la Russia).
Per noi, la pace giusta equivale a “una certa ampiezza” del territorio ucraino, – includendovi magari la Crimea – da assorbire nell’ambito occidentale. Ecco la vera questione. Ecco perché non ci adoperiamo perché un attore credibile, terzo e neutrale, tenti una missione di pace.
Non possiamo nemmeno trincerarci dietro la facciata di voler difendere la sovranità ucraina. Il Paese è tecnicamente fallito. Kiev dipende interamente dalle risorse occidentali che vi vengono immesse. Ciò che resterà dell’Ucraina “europea” dovrà, per molti anni, lasciare allo sfruttamento occidentale tutte le sue risorse.
Dunque, questa è oggi la situazione: la fine del flusso di soldi e di attrezzature belliche verso l’Ucraina equivarrebbe alla fine della guerra, ma buona parte dei territori occupati sarebbero rivendicati dai russi.
Ecco il vicolo cieco in cui le nostre élites al potere ci hanno infilato. Ecco il risultato della loro miopia e di avidi interessi. Unica scelta: continuare ad alimentare il conflitto, costi quel che costi. Fino all’ultimo ucraino e nonostante il plausibile e concreto rischio che a “quella” trattativa e a “quelle concessioni” territoriali un giorno si dovrà giungere comunque. Questo è ciò che non vogliamo ammettere.
Intanto, la UE è impegnata nella predisposizione di nuovi atti tramite i quali si darà impulso a un incremento delle produzioni nazionali di armi e munizioni. Persino i fondi del celebratissimo PNRR verranno dirottati allo scopo.
Si rilancia a qualunque costo, nonostante i rischi e le conseguenze – anche economiche e sociali – che l’escalation comporta.
L’importante è che l’opinione pubblica sia sviata, disinteressata e dunque evanescente. La Costituzione italiana viene omaggiata in modo ricorrente ma, al contempo, si elude senza tanti scrupoli.