Nel novembre del 1967 il Metropolitan Museum of Art Bulletin pubblica una serie di interviste intitolate “La moda è arte?”: questo sarà il punto di partenza del nostro viaggio di oggi.
Il rapporto tra arte e moda è un rapporto d’amore che nasce con le Avanguardie del Novecento e si protrae fino ad oggi, nutrendosi di stimoli e innovazioni. Con il passare delle epoche, l’incontro tra questi due pilastri stilistici diventa progressivamente il palcoscenico di incontri a dir poco leggendari.
In questa sede vogliamo dedicarci ad opere nate da collaborazioni appassionanti tra artisti e designer di moda.
La carriera di Yves Saint Laurent ha subito la svolta decisiva grazie alla presentazione della collezione autunno/inverno del 1965-66, che vede protagoniste le opere del pittore olandese Piet Mondrian. Essa ha dato il via ad una rivoluzione nel rapporto estetico tra l’haute couture e il mondo dell’arte. Il dipinto di ispirazione della collezione FW 1965 di Yves fu Tableau I del 1921, perfetta esemplificazione dell’estetica di Mondrian.
Tableau I, Piet Mondrian, 1921
“Mondrian è purezza. Non credo esista qualcosa di più puro nel mondo dell’arte”, affermò lo stilista. Questa tipologia di rappresentazione pittorica servì al designer per semplificare le linee di un abito capace di scorrere sul corpo femminile donandogli un’estetica minimale e cogliendo le tendenze che caratterizzano la moda degli anni Sessanta; spiccano infatti gli abiti da cocktail in lana e jersey e le gonne strutturate con linea ad A. Il richiamo alle linee pulite di Mondrian rappresenta lo studio che accomuna i due artisti, ovvero la ricerca di un’essenzialità e di una geometria applicata all’estetica.
Modelle in pose plastiche indossano gli abiti Mondrian di YSL
Questa collezione, non diede visibilità esclusivamente a Saint Laurent, ma giocò un ruolo centrale nel rendere famosa la corrente artistica del neoplasticismo.
Abiti Mondrian in lana della linea ad A
Le creazioni dello stilista francese apparvero nelle migliori riviste del settore come Vogue Paris e proprio da quest’ultimo venne definito “l’abito del domani”. La collezione ispirata all’artista contemporaneo ebbe un considerevole successo, tanto che le imitazioni non tardarono ad apparire, portando Yves ad aprire la boutique di Rive Gauche che rese popolare il concetto di prêt-à-porter.
L’abito Mondrian sulla copertina di Vogue, 1965
Un’importante alleanza pittore-stilista la incontriamo tra una delle figure più influenti della moda del XX secolo, l’inventrice del rosa shocking Elsa Schiaparelli e il pittore surrealista per eccellenza, Salvador Dalì.
Elsa Schiaparelli e Salvador Dalì
Intorno agli anni Quaranta, attraverso l’artista catalano e la sua ispirazione surrealista, la stravagante couturier creò numerosi prodotti come tailleur neri con tasche rifinite da bocche femminili, borse con le fattezze di un telefono, cappelli a forma di scarpa e abiti da sera con dipinte enormi aragoste.
Cappello-scarpa
Quest’ultima creazione suscita il nostro interesse: è inevitabile pensare alle aragoste quando sentiamo pronunciare il nome di Dalì, e grazie all’incontro con la designer il crostaceo ha trovato un nuovo spazio nel mondo della moda. È noto come il simbolo della loro collaborazione creativa e stravagante, venne chiamato “Abito Aragosta” e realizzato nel 1937. Si tratta di un lungo abito da sera di seta bianca, con l’enorme crostaceo rosso posto all’altezza del bacino a richiamo appunto delle opere di Dalì.
Telefono Aragosta, Salvador Dalì, 1936
Abito Aragosta, 1937
L’abito fu indossato per la prima volta da Wallis Simpson per un servizio fotografico di Cecil Beaton, poco prima del suo matrimonio con il Duca di Windsor, il re d’Inghilterra che aveva abdicato per lei nel maggio del 1937.
Abito Aragosta indossato da Wallis Simpson
La stilista Coco Chanel e il poeta, scrittore, drammaturgo e artista Jean Cocteau si conoscono nei primi anni Venti.
Gabrielle Coco Chanel e Jean Cocteau
Le opere di quest’ultimo spaziavano dalla pittura, ai romanzi al teatro. La loro collaborazione inizia con la realizzazione da parte di Chanel, di diverse tipologie di costumi scenici per le sue tragedie ispirate ai miti greci. Proprio grazie a questi lavori, la stilista inizia ad enfatizzare il contrasto cromatico tra bianco e nero come un dialogo tra maschile e femminile, fra passato e futuro, mediante una palette neutrale come veicolo di un linguaggio simbolico attraverso l’abbigliamento.
Madame Varda con un abito Chanel in crepe di georgette con cintura e collana di perle
Coco punta sulla dualità della vita e del lavoro, con un abito che è sia un’opera d’arte, sia uno strumento di educazione. La rivoluzionaria si basa sulla letteratura contemporanea per coniare un nuovo modo di vestire, eleggendo Jean Cocteau come sua fonte di ispirazione, traslando la psicologia del colore sugli abiti e le pagine di un libro in un intrico di trama e ordito.
Jeanne Moreau in Chanel, anni 50 ca.