Venere, l’oggetto più luminoso del nostro firmamento, conosciuta anche come stella del mattino o stella della sera, in quanto visibile solo in questi due momenti ai nostri occhi, prende il suo nome dalla dea romana della bellezza, dell’amore e della fertilità.
Se volessimo fare una graduatoria dei luoghi del sistema solare dove cercare vita, Venere non rientrerebbe di certo nella top ten: viene considerato il pianeta gemello della Terra, ma di simile alla nostra casa ha solo le dimensioni e la massa. Stop.
Per il resto, Venere è l’immagine perfetta dell’inferno dal momento che la sua atmosfera è ciò che rende la superficie uno dei luoghi più inospitali del Sistema Solare. L’effetto serra, infatti, trasforma l’ambiente in un vero e proprio forno, basti pensare che la temperatura media al suolo é di 464 C°: è il pianeta più caldo del sistema solare. La pressione, inoltre, è di 92 atmosfere, pari allo schiacciamento che subisce un corpo a un chilometro di profondità nell’oceano ed è avvolta da nubi composte da acido solforico. Mettiamola cosi: se un uomo dovesse approdare su Veneris, resisterebbe circa un secondo, dopodiché sarebbe schiacciato per benino dalla pressione e poi carbonizzato dal calore estremo o sciolto dall’acido solforico.
Per compiere un intero giro attorno al Sole, il cosiddetto moto di rivoluzione, che corrisponde alla durata di un anno, Venere impega 224,7 giorni, con una velocità di 35 chilometri al secondo. La sua rotazione è retrograda, ovvero si svolge in senso orario, a differenza di quasi tutti gli altri pianeti del Sistema solare (l’altra eccezione è rappresentata da Urano). Il dettaglio più curioso risiede, tuttavia, nella durata del giorno, corrispondente all’intera rotazione sul proprio asse, che equivale a 243 giorni terrestri. La lentissima rotazione sull’asse è uno dei misteri sui quali ha indagato la sonda Venus Express, i cui rilievi suggeriscono che il pianeta stia ulteriormente rallentando. Secondo gli astronomi la velocità ridotta potrebbe essere legata a una violentissima collisione con un asteroide.
Insomma, un luogo che definiremmo del tutto ostile alla vita così come la conosciamo. Eppure, tra i 53 e i 62 chilometri di altezza nell’atmosfera è, diciamo così, ‘vivibile’.
Ed infatti il team di studiosi della School of Physics and Astronomy all’Università di Cardiff, ha trovato tracce di fosfina nello spettro dell’atmosfera venusiana, usando il James Clerk Maxwell Telescope e l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array. Ma perché questo gas chiamato fosfina ha suscitato tanto clamore? Sulla Terra la presenza di fosfina è legata esclusivamente all’attività antropica o alla presenza di forme di vita, oppure ricreata in laboratorio. Questo gas ha un alto grado di deperibilità e tende a sparire in pochissimo tempo, ma, dalle tracce trovate, si evince che sia costantemente prodotto. Le fosfine posso essere considerate come una sorta di firma biologica (biosignature), ma potrebbero anche essere il risultato di reazioni geochimiche o elettrochimiche ancora non osservate, quindi, allo stato attuale, è ancora presto per affermare con certezza l’esistenza di vita su Venere. Venisse confermata quella che ad oggi è più di una semplice ipotesi, saremmo di fronte ad una scoperta a dir poco clamorosa, che aprirebbe scenari totalmente inesplorati per l’umanità, ed avremmo finalmente fatto luce su uno dei più grandi enigmi che l’uomo si pone fin da tempi remoti: siamo soli nell’universo?
Ovviamente, quando parliamo di vita su altri mondi dobbiamo toglierci di dosso il cliché degli omini verdi, gialli o altro: se troviamo dei batteri su Venere dobbiamo considerarli come forme di vita, estreme indubbiamente, e sviluppatasi in circostanze del tutto ignote ed incredibilmente affascinanti.
Su questi temi tornerò nel prossimo articolo, andando a vagliare le nuove teorie su come la vita si possa eventualmente essere diffusa nel nostro sistema solare.