Negli ultimi giorni è tornato alla ribalta un dibattito, mai sopito, circa la tenuta delle istituzioni democratiche in alcuni Paesi dell’Est Europa. Molti si lamentano, giustamente, dello stato pietoso dei diritti civili, dell’amministrazione della giustizia e in generale del mal funzionamento della democrazia in Polonia e in Ungheria. Preciso subito che ritengo questi problemi seri e, per chi non ha gli occhi foderati di prosciutto, anche evidenti. Può sembrare strana una simile precisazione, ma visti i tempi in cui si tende a negare anche le cose più ovvie è meglio chiarire il punto.
Detto questo, è però bene annotare alcune cosette.
1. Tutto questo è avvenuto dentro (e non fuori) il perimetro della UE.
2. La democrazia torna in ballo solo in questi casi? E quando la Grecia è stata di fatto commissariata dalla Troika (Commissione UE + BCE + FMI) durante il primo e secondo governo Syriza, che non mi pare avesse le tare di quello polacco e ungherese, andava bene liquidare le posizioni del parlamento ellenico e il risultato del referendum che ha visto trionfare l’OKI, cioè il NO al terzo memorandum imposto dalle istituzioni? Memorandum che poi avrebbe pesantemente impattato sulla vita della povera gente…
3. Quando i nostri giornali raccontano con dovizia di particolari le malefatte dei suddetti “regimi”, sono il baluardo delle libertà, ma quando raccontano delle bugie smentite dai fatti oppure semplicemente fanno delle pesanti omissioni, sospendiamo il giudizio? Un esempio? La crescita abnorme del debito pubblico italiano negli anni ’80, secondo l’informazione dominate, sarebbe il frutto solamente della corruzione e degli sprechi del CAF. Questa narrazione è stata funzionale, e lo è ancora, per legittimare tutte le politiche volte al consolidamento fiscale. E il divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia del 1981, che ha, di fatto, annullato il controllo democratico sulla politica monetaria e generato, legandoci indissolubilmente agli umori dei mercati, il poderoso incremento dei tassi sui titoli del debito pubblico? Piccolo particolare riposto nel dimenticatoio.
4. Quando vediamo in TV “esperti” di dubbia reputazione o discutibile memoria raccontare eventi palesemente mistificati, ma non trovano mai un giornalista che ne metta in evidenza le pesanti incongruenze, a cosa serve la libertà di stampa? È, per caso, libertà di fandonia per poter perseguire un fine ritenuto più importante rispetto a quello di riportare i fatti per quello che sono?
Le colpe di una larga fetta della stampa sono enormi. Trump è (stato) un problema, ma lui è già il passato, mentre un certo sistema informativo, che diffonde le notizie al grande pubblico, resta. Oggi, a mio parere, a doverci allarmare non è tanto il complottismo dei folli secondo i quali la terra sarebbe piatta o dei simpaticoni che credono alle scie chimiche, quanto piuttosto un sistema informativo che ha perso credibilità e portato larghe fette della popolazione a utilizzare altri canali (molti dei quali discutibili) per costruirsi un sapere.