Nel 2014 anche il brand cinematografico di Asterix si arrende al domino della grafica CGI. I pupazzoni tridimensionali cedono il passo allo storico tratto bidimensionale di Albert Uderzo, senza, però, dilapidare la propria forza narrativa parodistica. Quello che viene venduto come un film commerciale comico, offre allo spettatore adulto la possibilità di meditare su tematiche importanti. Così si presenta il primo lungometraggio in CGI di Asterix.
Il pretesto narrativo rimane sempre lo stesso, l’esecuzione, questa volta, vede un gioco di potere e d’astuzia. Cesare ha provato con la forza a scardinare le difese dell’ultimo villaggio gallico per lungo tempo ed ormai gli stessi suoi soldati non vogliono affrontare ulteriori umiliazioni. Se non basta la tattica di guerra, che si passi a una tattica culturale! Il piano è semplice: portare ai confini del villaggio la civiltà romana ed ammaliare i galli con essa.
La vicenda, di per sé molto divertente, grazie anche ad un regista satirico come Alexandre Astier, diventa occasione per parlare di egemonia, schiavitù, libertà commerciale, identità culturale, ‘civilizzazione’ e, se vogliamo, globalizzazione. Non c’è modo migliore e duraturo che conquistare un’altra nazione imponendo i propri prodotti: dalle abitudini culinarie, alla moda, fino allo stile di vita. Lo sanno bene gli USA che con Hollywood – e non solo – hanno forgiato l’immagine della propria nazione; lo sa bene il Giappone che, sul finire degli anni ’70 invase le case di tutti gli occidentali con i propri anime e lo sanno bene gli storici quando raccontano come la Grecia avesse conquistato culturalmente la grande Roma.
Entrare a contatto stretto con altre realtà, spinge anche l’economia stessa di un paese a mutare, poiché si adegua su accordi commerciali, perché non valuta più il territorio ma ciò che accade al di fuori di esso. Così i prezzi aumentano a dismisura, dimenticando l’effettivo valore di ciò che si sta vendendo e si portano ai livelli di realtà commerciali ben diverse.
La presenza dei cittadini romani spinge i mercanti galli a confrontarsi con i prezzi della polis più grande d’Italia: Roma; che presenta tutt’altro stile di vita, rispetto quello rurale e semplice del villaggio di Asterix. Il desiderio di guadagnare un profitto sempre maggiore alimenta l’ingordigia economica dei mercanti, presentando, sì, prezzi convenienti per i romani, ma fuori portata per i galli.
La territorialità viene meno. La concorrenza commerciale distrugge e dilania dall’interno il villaggio come nessun esercito romano è mai riuscito. La vittoria di Cesare è alle porte quando i cittadini, non riconoscendo più il loro luogo d’origine, diventato un centro che si dà in pasto ai turisti, scappano verso Il Regno degli Dei, la nuova scintillante città romana in terra gallica. Le conseguenze sono prevedibili: mai Asterix e Obelix sono arrivati così vicini dal perdere tutto ciò che avevano e senza che una spada fosse brandita.
L’operazione Regno degli Dei è, di fatti, un ingegno di chi conosce la politica e la manovra a proprio piacimento. Alla forza del generale atletico, si sostituisce quella del rotondo senatore, del politicante. Anche sulla tematica secondaria, che ha come protagonisti gli schiavi, si dimostra come l’astuzia prevalga sulla forza. Gli schiavi, ottenuto il famoso potere contrattuale, riescono a diventare dei comuni cittadini, pretendendo quei vantaggi prima negatigli.
Il senatore coglie un’apparente situazione di svantaggio per volgerla a suo favore: dilapidare la bassa paga loro concessagli con l’affitto e le tasse da pagare. Il risultato che porta questa contrattazione lascia ben intendere come, anche da cittadini liberi, il governo può schiavizzare il proprio popolo con vie assolutamente legali. Garantire un salario minimo che assicuri allo Stato le aliquote e lasciare quel poco che basta non per vivere, ma sopravvivere. Una sorta di collare allungabile che garantisca al cittadino di non rendersi conto della propria bassa condizione.
La storia, chiaramente, ha un lieto fine. I galli capiscono la truffa ai loro danni e riottenuta la pozione magica riconquistano la loro quotidianità; ma per farlo c’è bisogno che persino Obelix ottenga una goccia di pozione. Se, normalmente, i protagonisti necessitano di uno stratagemma magico per ribaltare la sorte della storia militare, contro una tattica del genere servirà perfino un Obelix in berserk.
La convivenza fra romani e galli può esserci, ma quando si scontrano due realtà e culture differenti è arduo arginare le conseguenze e far sì che ognuno progredisca mantenendo una propria libertà. Tentare di lavorare in maniera coordinata sul territorio e, allo stesso tempo, col mondo esterno sarebbe la ricetta perfetta. René Coscinny consegna una valida opera alle sale cinematografiche. Con il suo stile riesce a rendere leggere anche tematiche così profonde e adattabili.
Conservare la propria cultura ha sempre significato fossilizzarsi nel tempo. Sfruttare i progressi del mondo, modellando la propria base culturale con oculatezza, invece, ha fatto sì che nazioni crescessero e si sviluppassero, diventando leader mondiali. Non si chiede, nell’opera, una chiusura dei confini, ma si denuncia ciò che il ‘progresso’ può causare e, se si è sprovvisti di pozione magica, il finale può non essere così lieto.