Il breve governo Schleicher si trovò ad affrontare i nodi irrisolti delle precedenti amministrazioni. Uno dei capitoli più gravosi era la politica agricola del Reich. La caduta dei prezzi degli anni precedenti aveva messo a dura prova la tenuta del settore e moltissime aziende fallirono. I grandi agrari del Nord Est del paese però non avevano investito nel miglioramento delle proprie aziende pur avendo ricevuto cospicui contributi. La crisi colpì prevalentemente la piccola proprietà che trovò nei nazisti un interlocutore interessato e questo interessamento fu ricambiato con un sostegno quasi plebiscitario.
Schleicher cercò di trovare il modo di bilanciare gli interessi del mondo agricolo, che chiedeva protezione nei confronti dei prodotti esteri, e il mondo industriale che vedeva possibili problemi sui mercati esteri per le proprie esportazioni se si fosse innescata una guerra commerciale con gli altri paesi. Alcune vie furono tentate, come il blocco dei pignoramenti delle aziende fallite e l’obbligo nel mercato interno di preferire prodotti nazionali. Ma i problemi rimasero senza una effettiva soluzione.
L’obiettivo principale del Cancelliere Schleicher era di dare priorità all’assorbimento della disoccupazione che aveva toccato quasi un terzo della forza lavoro. Per fare questo promulgò una serie di decreti per far ripartire gli investimenti pubblici, aiutare le amministrazioni comunali con fondi per rilanciare l’edilizia pubblica e per estendere i servizi sociali alle fasce più deboli. Aumentarono i finanziamenti all’ufficio per il “Servizio volontario del lavoro” con lo scopo di dare un reddito ai giovani ed ai disoccupati. Tutta questa serie di provvedimenti comunque nacque dopo estenuanti trattative tra le varie anime dell’amministrazione. La preoccupazione principale soprattutto dei ministeri dell’economia e delle finanze, strano a dirsi dopo anni di deflazione, era i problema opposto cioè non alimentare una spirare inflattiva!
Si impostarono quindi una serie di soluzioni che avrebbero dato respiro all’economia e ridotto fortemente la disoccupazione, peccato però che a beneficiare dei decreti del governo Schleicher sarebbe stato il governo successivo, quello retto da Adolf Hitler.
Per concludere, ritengo opportuno proporre alcune riflessioni del giornalista, nonché storico americano, William L. Shirer, nella sua monumentale opera: “Storia del Terzo Reich” (Giulio Einaudi editore, traduzione di Gustavo Glaesser – che invito a comprare e leggere attentamente), che riassumono, a mio avviso, tutti i problemi e le mancate soluzioni che portarono i nazisti al potere:
“Non v’è classe o gruppo, in Germania, che non abbia avuto la sua parte di responsabilità nella liquidazione della repubblica democratica e nell’avvento di Adolf Hitler. I tedeschi che si opponevano al nazismo commisero l’errore fondamentale di non far fronte unico contro di esso. … Nella Repubblica, quattordici anni di potere politico spartito, e di condiscendenza a tutti i compromessi, pur di mantenere in vita dei governi di coalizione, avevano fiaccato il vigore e l’entusiasmo dei socialdemocratici, finché il loro partito divenne poco più di un’organizzazione usata per esercitare pressioni al momento opportuno, pronta a mercanteggiare concessioni a fare di quei sindacati sui quali si basava in larga misura la sua potenza. … la depressione economica aveva ulteriormente danneggiato i socialdemocratici, indebolendo i sindacati e facendo perdere al partito il sostegno di milioni di disoccupati che nella loro disperazione passarono al comunismo o al nazismo. … Ora, all’alba degli anni trenta, essi erano un partito stanco e disfattista, nelle mani di persone vecchie, animate certo da buone intenzioni, ma perlopiù mediocri. Rimasero fedeli alla Repubblica fino all’ultimo, ma alla fine furono troppo incerti e troppo timidi per correre i rischi necessari per salvarla: quando Papen mobilitò una squadra di militari per distruggere il governo costituzionale in Prussia, essi non seppero neppure muovere un dito. … Mancò, in Germania, fra la sinistra e la destra una classe media politicamente forte, classe che in altri paesi – in Francia, in Inghilterra e negli USA – aveva dimostrato di essere la spina dorsale della democrazia. … Solo il Centro cattolico dispose sino alla fine di un forte elettorato. … Però a partire dai tempi di Bismarck il partito di Centro aveva seguito, in larga misura, una politica opportunistica, perfino più di quella dei socialdemocratici, sostenendo qualsiasi governo che intendesse fare concessioni favorevoli ai suoi particolari interessi. E benché tale partito sembrasse fedele alla Repubblica e aderisse alla sua democrazia, pure, come si è visto, i suoi dirigenti negoziarono coi nazisti per dare a Hitler il cancellierato … Ma se la Repubblica tedesca era priva di una classe politica che tenesse la via di mezzo, essa mancava anche della stabilità garantita, in molti atri paesi, da un vero partito conservatore. … Ciò che voleva la destra tedesca, che dette in larga misura i suoi voti ai nazionalisti, era la fine della Repubblica e il ritorno a una Germania imperialista in cui fossero ripristinati tutti i suoi antichi privilegi. … Invece il Terzo Reich non dovette nulla alle fortune della guerra o a influenze straniere. Fu inaugurato in tempo di pace e pacificamente, a opera degli stessi tedeschi, delle loro stesse debolezze e energie. Furono i tedeschi a imporre a se stessi la tirannide nazista. Molti di essi, forse la maggioranza, non se ne rese conto in quel mezzogiorno del 30 gennaio 1933, quando il presidente Hindenburg, agendo in modo perfettamente costituzionale, affidò a Hitler il cancellierato. Ma presto se ne sarebbero accorti.”