“Il miglior creatore della moda italiana, un prodigio”. Così è stato definito il couturier Roberto Capucci da Christian Dior durante la presentazione della nuova collezione del giovane stilista a Palazzo Pitti a Firenze negli anni Cinquanta.

Il linguaggio dello stilista col tempo si è avvicinato sempre di più a quello delle avanguardie ed ha spesso incontrato il mondo del cinema e del teatro.

Molte donne della nobiltà romana e dive di Hollywood hanno amato le sue creazioni, e musei come il Victoria & Albert Museum di Londra e il Kunsthistorisches di Vienna lo hanno invitato ad esporre, non come semplice stilista ma da vero artista.

Esther Williams che indossa l’abito Nove Gonne

Abito da sera, 1960

Per arrivare all’esposizione a Palazzo Pitti del 1956, non possiamo non nominare tre delle prime linee da lui realizzate, chiamate Linea Colomba (1953), Linea Banjo (1955) e la più iconica e successiva Linea a Scatola (1958); quest’ultima sarà da subito considerata una vera e propria rivoluzione dal punto di vista tecnico e delle lavorazioni, poiché culla di segni diventati poi iconici della sua carriera, sempre soggetta ad evoluzioni. Di questa ultima collezione fa parte uno dei suoi abiti più celebri soprattutto in America, noto come Nove Gonne, nato dallo studio dei cerchi concentrici che si propagano sulla superficie dell’acqua quando viene infranta da un corpo esterno.

Bozzetto per l’abito Nove Gonne

Abito Nove Gonne, 1956

Abito corto, 1966

Nel 1964 utilizza il reps di cotone bianco sfrangiato insieme a Givenchy per disegnare una serie di calzettoni di lana nera con nastri in raso bianchi e neri.

Due anni dopo comincia ad utilizzare e ad applicare la plastica colorata su cappelli, all’interno dei tacchi delle scarpe e nell’orlo degli abiti.

Abiti con inserti in plastica, 1966

Negli anni Settanta inizia ad essere voluto e chiamato per esporre nei musei, primo dei quali Il museo dell’arte etrusca di Roma: a questa esposizione coincide un’importante rivoluzione della tradizione, introdotta dalla creazione di lane leggere ispirate ai costumi dei pre-Raffaelliti.

La collezione dell’anno seguente è fatta interamente da tuniche dritte, miniabiti e short. Essa è seguita nel 1976 da abiti in georgette di colori pastello con ricami a canuttiglie e nel 1977 dalla Linea Kimono in seta stampata, organza, lane secche e taffetas.

Mini abito, 1975

Linea Kimono, 1977

Linea Kimono, 1977

Il 1978 rappresenta un ulteriore anno di svolta, cioè l’inizio della fase degli abiti-scultura, inaugurati con l’abito Colonna Dorica, interamente in raso bianco.

Abito-scultura, Linea Colonna

Dal 1985 al 1987 vediamo Capucci a New York per la presentazione prima de Il Fuoco, l’estremizzazione dell’idea di abito-scultura con il volume del plissé verso l’alto e poi de L’angelo d’Oro, un trionfo di plissè di lamè, seta e taffetà.

Bozzetti e abito Il fuoco, 1985, New York

L’angelo d’Oro, 1987, New York

Nel 1992 il couturier torna in Europa poiché chiamato ad esporre nel padiglione Italia dell’Expo di Lisbona: qui presenterà l’abito Oceano, che nella sua plissettatura portata all’estremo, riproduceva le 172 sfumature di azzurro.

Abito Oceano, 1992

Il nostro viaggio si conclude nel magico 1995, anno nel quale Roberto realizza dodici Architetture in tessuto su richiesta del Direttore della Biennale esposte al Padiglione Italia.

Architetture in tessuto, 1995

Architetture in tessuto (abiti e bozzetti)

Robetto Capucci, oggi novantenne, può vantare più di mille bozzetti realizzati per lo studio dei suoi strabilianti abiti; il suo archivio storico è ospitato dalla Fondazione Roberto Capucci, ad oggi sita a Villa Manin di Passariano, in Friuli-Venezia Giulia.