Buio. Silenzio. Il nulla.

È questo ciò che si percepisce appena si entra nella navata dell’Hangar Bicocca che ospita la mostra “Breath Ghost Blind” di Maurizio Cattelan. La nuova mostra site-specific, segna il ritorno dell’artista a Milano dopo oltre dieci anni di assenza, offrendo una visione della storia collettiva e personale attraverso una rappresentazione simbolica del ciclo della vita dalla creazione alla morte, affrontando temi come la fragilità e la memoria, e invitando lo spettatore a cambiare punto di vista e a riconoscere la complessità e l’ambiguità del reale. L’architettura sincera e nuda dell’hangar fa certamente da cassa di risonanza alle emozioni, creando una tensione tra le opere e lo spazio, che si valorizzano a vicenda.

Il percorso espositivo è progettato come una drammaturgia in tre atti: inizia nella Piazza con l’opera Breath, realizzata in marmo bianco di Carrara. La scultura rappresenta la figura di un uomo in posizione fetale e un cane: una scena intima che conserva un senso di raccoglimento e fragilità. L’utilizzo del marmo, materiale per eccellenza della scultura antica, conferisce alla scena un’aura di sacralità e la colloca in uno spazio senza tempo. Le due figure, per la prima volta accostante in un’opera di Cattelan, si trovano a condividere la funzione vitale del respiro, che segna il momento generativo di ogni ciclo esistenziale.

La Navata accoglie l’opera Ghosts, una nuova versione di due interventi dell’artista in occasione della Biennale di Venezia del 1997 e del 2011. Il lavoro include innumerevoli piccioni in tassidermia, che a dozzine si mimetizzano nell’architettura dell’ex edificio industriale, dando al tutto una sensazione di inquietudine.

Il terzo e ultimo atto della mostra prende vita nel Cubo: realizzata in resina e composta da un monolite nero di 16 metri nel quale è inserita la sagoma di un aereo che lo interseca, l’opera intitolata Blind si configura come un memoriale dall’iconografia destabilizzante.

Con Blind, Cattelan si appropria di un’immagine divenuta parte integrante del repertorio iconografico collettivo, l’attentato dell’11 settembre 2001 al World Trade Center di New York, e la trasforma in un simbolo di perdita e di dolore condivisi. In quest’opera l’autore coniuga figurazione e astrazione, creando un differente concetto di memoriale e trasformando un momento tragico in un terreno di incontro.

L’intero lavoro si inserisce all’interno di un ambiente solenne e imponente, creando un’esperienza immersiva attraverso gli aspetti più emozionali e significativi dell’esistenza umana, sollecitando sentimenti opposti come il dolore e l’amore.

L’artista è riuscito a tramutare l’intera architettura museale in una dimensione psicologica, creando un unicum tra le opere presentate come atti di una pièce teatrale e la natura dei tre ambienti espositivi.

«L’arte affronta gli stessi temi dall’inizio della storia dell’uomo: creazione, vita, morte. I temi si intrecciano con l’ambizione di ogni artista di divenire immortale attraverso il proprio lavoro. Ogni artista deve confrontarsi con entrambi i lati della medaglia: un senso di onnipotenza e di fallimento. È un saliscendi di altitudini inebrianti e discese impervie. Per quanto possa essere doloroso, la seconda parte è anche la più importante. Come tutte quelle che l’hanno preceduta, questa mostra è un concentrato di tutti questi elementi» afferma Maurizio Cattelan.

L’artista padovano ha sempre messo in scena azioni spesso considerate provocatorie e irriverenti. Tutte le sue opere infatti, sottolineano sia i paradossi della società, sia i diversi scenari politici e culturali: con l’uso di immagini iconiche e un linguaggio visivo pungente, i suoi lavori suscitano costantemente accesi dibattiti, favorendo un senso di partecipazione collettiva. Partendo da immagini che attingono a momenti, eventi storici o simboli della società contemporanea, l’artista invita lo spettatore a cambiare punto di vista.

Il commento più iconico e comune alle creazioni di Maurizio Cattelan è “lo potevo fare anche io”, non considerando che l’arte contemporanea o comunque dei giorni nostri, più che sulla tecnica si basa fondamentalmente sul messaggio: l’artista è considerato tale perché ha avuto l’idea di trasmettere un messaggio più o meno importante attraverso un linguaggio diverso e nuovo. In sostanza lui ha avuto l’idea per primo.