Potrebbe essere un videogame sparatutto dove personaggi immaginari in mondi virtuali riescono a porre domande scomode in merito a quello che accade nei giochi della politica internazionale reale. La celebre definizione di Karl von Clausewitz, “la guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi” riesce ancora a dare senso a simili suggestioni che oggi si concretizzano nei gelidi venti di guerra che soffiano in Ucraina. Al confine orientale dell’Europa un governo sorretto da forze dichiaratamente filo naziste che da anni portano avanti una pulizia etnica nel territorio del Donbass, è al centro di grandi manovre militari della Nato che in caso di invasione minaccia un immediato conflitto e promette blande sanzioni. Le nazioni del continente, che sono irrimediabilmente dipendenti dal gas russo, fanno spallucce e dialogano in ordine sparso. L’ultimo libro di Emiliano Brancaccio non parla di questa guerra ma ci gira metaforicamente intorno. Tratta di economia e politica utilizzando un titolo che prende a prestito un’idea sostenuta da Daron Acemoglu, economista del MIT di Boston che l’ha coniata in un recente dibattito con l’autore. Lo fa attraverso cinquanta brevi lezioni che raccontano in modo divulgativo il mondo economico così com’è visto dal punto di vista della ricerca scientifica: la postura bellica della visione del mondo economico antecedente all’arrivo del virus spiega il deteriorarsi dello scenario giustificando l’emergere di un quadro di progressiva regressione democratica sia sul lato dell’uguaglianza che su quello della libertà. Il titolo rosso in rilievo è molto evocativo: Democrazia sotto assedio. La politica economica del nuovo capitalismo oligarchico. La quarta di copertina lo sottolinea chiaramente: “oltre l’80 per cento del capitale azionario mondiale è oggi controllato da meno del 2 per cento degli azionisti. Questa spaventosa concentrazione del potere economico ormai plasma il potere politico e assoggetta tutti i governi al medesimo imperativo: reprimere le ultime istanze egualitarie delle classi subalterne, se necessario anche restringendo lo spazio dei diritti di libertà. Il capitalismo precipita in una crisi ancora più minacciosa, non solo economica ma anche democratica”.

Sono tempi molto interessanti per la politica economica, tempi che non smettono di farci trovare sottili connessioni e perversi legami che le oltre duecento pagine del volume mettono in giustificata evidenza: il Piano Marshall e il Recovery Plan, il declino dell’Italia e l’austerità, Keynes Draghi e il destino del lavoro, Adam Smith e la teoria dei giochi di Nash, solo per citarne alcuni. La “minacciosa profezia” marxiana della legge di tendenza verso la centralizzazione dei capitali apre il libro e aleggia su tutte le parti del testo. Pone al centro della discussione un dibattito tuttora aperto e problematico tra esigenze di pianificazione collettiva e necessità di libertà, lavoro e repressione finanziaria, alle quali le forze sociali e politiche, come in un gioco fine a se stesso, si trovano assoggettate. Sembra un meccanismo funzionante secondo regole inevitabilmente non democratiche. “Questo sistema- è bene sempre ricordarlo- affonda le sue radici nelle politiche di liberalizzazione dei movimenti internazionali dei capitali” che così facendo si fanno la guerra tra di loro in quel “rito brugeliano in cui i pesci grandi mangiano i pesci piccoli”: una questione tutta interna al mondo dei padroni che la traducono politicamente in uno scontro tra forze pro establishment, facenti riferimento a un mondo legato alla catena del valore internazionale (globalisti), e forze populiste che calamitano il malessere del piccolo capitale nazionale a“ rischio di insolvenza e desideroso di reagire contro i processi di ci centralizzazione capitalistica” (sovranisti). Questa lotta è stata portata avanti con lo svilimento e la colpevolizzazione del mondo del lavoro, ammutolito e impotente di fronte ai cambiamenti del mondo.

Negli ultimi trent’anni l’Italia è rimasta fedele ai principi della stessa linea economica: apertura ai mercati, riduzione delle tasse sul capitale, precarizzazione del lavoro, alleggerimento dell’amministrazione pubblica, privatizzazioni, quintalate di saldi primari… detto in una parola: austerity. E se l’analisi econometrica o la maggior parte degli studi internazionali ne hanno certificato il fallimento, avanti a testa bassa con il miraggio della distruzione creativa!

Politici ed economisti alla guida delle istituzioni sono consapevoli di aver inserito un pilota automatico, non democratico e liberticida che sta portando le classi subalterne a vivere una perenne quotidiana catastrofe. La nuova ed eretica visione di politica economica che Emiliano Brancaccio suggerisce, poggia ormai su solide basi scientifiche che non trovano ancora sufficiente spazio di applicazione. Le ricerche di Acemoglu ci dimostrano che quando c’è democrazia è ragionevole aspettarsi anche una sostenibile crescita economica. E’ questo in definitiva il messaggio finale che lancia il professore, la visione di quello che può essere il guinzaglio che può tenere a bada quella brutta bestia del capitalismo.

Emiliano Brancaccio  DEMOCRAZIA SOTTO ASSEDIO  Piemme 2022   €17,50