A più di un anno dal manifestarsi della pandemia, tutti sanno ormai che gli ospedali del Friuli Venezia Giulia sono in grave difficoltà per insufficienza di personale e carenza di strutture. Per preservare i posti letto di area intensiva, la Regione ha adottato una serie di modalità operative dell’intero sistema sanitario, disponendo la sospensione dell’attività chirurgica non urgente e differendo le attività di specialistica ambulatoriale pubblica e privata convenzionata, ad eccezione di quelle inerenti le categorie come il pediatrico e l’oncologico.
Quello che sicuramente non tutti sanno, perché la notizia non si trova costantemente sulle prime pagine dei giornali, è che anche l’Inps ha serie criticità. Non parlo delle sue casse, per le quali gli esborsi sostenuti per fare fronte all’emergenza Covid 19 pesano in maniera pesantissima, ma dei servizi erogati dall’Ente e delle condizioni dei lavoratori del suo comparto. Tutta una serie di complicati adempimenti sono stati scaricati sui lavoratori Inps e su un settore in particolare, quello degli ammortizzatori sociali: i dipendenti si trovano così a dover gestire migliaia di pratiche in poco tempo, con numeri e mezzi non adeguati. Le riorganizzazioni sotto forma di tagli subite del personale nel corso degli anni ha reso il clima lavorativo molto difficile e ha creato ritmi produttivi esasperati che mirano unicamente all’ottenimento di target aziendali prefissati. Tutto ciò si è tradotto in inefficienza e disfunzionalità kafkiane agli occhi di chi si presenta, o si presentava, ogni giorno agli sportelli.
Un nuovo esercito di poveri sta bussando alle porte di Inps e patronati: le richieste di cassa integrazione sono aumentate del 4200% rispetto al 2019. Disoccupati e studenti universitari, ex cassaintegrati o lavoratori, tagliati fuori dal mondo della ristorazione si sono rivolti al Reddito di cittadinanza, che stando ai numeri pubblicati dall’Istituto previdenziale, sono sempre molto alti: dal 7 aprile, primo giorno utile per richiedere il sussidio per i mesi di marzo, aprile e maggio, 160mila domande.
Come gestire questa marea che monta se dal 2016 a oggi le sedi INPS della regione hanno perso ovunque oltre il 10% del personale? Le realtà più problematiche sono sicuramente quelle di Gorizia registrano un -27% e di Trieste con -24%; Pordenone non è da meno con -18%) e Udine, fanalino di coda, porta un -12%.
Rabbia e impotenza si registrano su entrambi i lati delle barricate. Da una parte cresce il numero dei lavoratori che non hanno più un lavoro e che non sanno come muoversi nel mare magnum delle pratiche da inoltrare. Dall’altra parte, operatori che fanno sempre più fatica a soddisfare le richieste o anche a fare più le più banali attività di sportello per fornire informazioni al pubblico, sono ridotti allo stremo.
Un servizio pubblico essenziale, perché di questo si tratta, un servizio che è di fondamentale importanza nella vita dei singoli cittadini e della società nel suo complesso, potrà funzionare solamente quando termineranno i tempi dei tagli e dei risparmi. Abbiamo bisogno di nuove e qualificate assunzioni, di ingenti investimenti nel pubblico e di uno Stato, che così facendo, creda di più in sé stesso.