Di capitalismo non c’è un modello unico, esistono varie declinazioni a seconda dei paesi in cui si è sviluppato. Ragioni storiche, contingenti e di natura conflittuale li hanno plasmati. Ci soffermeremo su quello che si è sviluppato in Germania, il cosiddetto modello renano.
Questo tipo di gestione dell’impresa è fondata sul consociativismo e sulla ricerca di mediazione tra la ricerca del profitto e la coesione sociale, almeno a parole. L’impresa non è teoricamente vista solo come uno strumento atto ad ottenere utili, dovrebbe svolgere un ruolo sociale nella comunità ove è presente. Nella sua gestione ai livelli apicali sono formalmente coinvolte le organizzazioni dei lavoratori.
Il capitale di controllo è generalmente in mano a degli azionisti stabili, coadiuvati da un importante ruolo svolto dalle banche (Hausbank). Fino a sviluppi recenti, il mercato azionario pur essendo presente, non aveva quel ruolo così pervasivo come nel capitalismo anglosassone. Di solito il capitale di controllo, anche grazie a varie tipologie di azioni che danno un peso maggiore nelle assemblee azionarie, è relegato a un nocciolo duro di investitori di lungo periodo che plasmano l’amministrazione e gli obiettivi delle aziende.
La gestione dell’impresa tedesca è impostata su un ottica di medio e lungo periodo in luogo di quella anglosassone legata ai risultati trimestrali da presentare ai mercati finanziari. Sotto questo punto di vista ha maggiori margini per attuare investimenti che non diano risultati immediati ma che necessitino di un periodo più esteso per vederne i frutti.
La governo dell’impresa si divide in due livelli: il Consiglio direttivo (Aufsichtsrat) ed il Consiglio di sorveglianza (Vorstand) dove sono presenti le organizzazioni dei lavoratori. Il ruolo della Hausbank è quello di accompagnare l’azienda sia nella sua gestione che nel garantire la stabilità nel tempo del nocciolo duro azionario per evitare azioni ostili (scalate) da aziende concorrenti o da investitori sgraditi.
Questo modello di gestione dell’impresa è la piena attuazione delle teorie ordoliberali tedesche, che permettono la sterilizzazione del conflitto sociale e di fatto il dominio del capitale sul lavoro. L’obiettivo di disinnescare l’attrito tra gli interessi naturalmente contrapposti dei lavoratori rispetto all’azienda viene raggiunto (a favore dell’azienda) con la possibilità data ai dipendenti di partecipare alla gestione e alla spartizione di una parte dei risultati economici raggiunti.
Nella realtà dei fatti si è visto che i grandi conglomerati economici sono riusciti, anche con la corruzione, a vanificare i presupposti di coogestione e di annullare gran parte delle aspettative che avevano dato luogo. Soprattutto negli ultimi quindici anni le riforme del lavoro unite ad una visione prettamente legata all’export della crescita del sistema produttivo tedesco, ha visto restringersi anziché aumentare, come promesso, la partecipazione ai risultati economici di questo modello.
Non ultimo è da sottolineare che anche il settore bancario è risultato particolarmente vulnerabile. Questo tipo di gestione consociativa ha visto le principali banche commerciali, ma anche quelle legate ai vari Länder come le Landesbanken e le Sparkasse fortemente coinvolte in investimenti non remunerativi e legati a gestioni clientelari. Per ovviare a questi problemi il sistema creditizio si è spinto verso mercati altamente speculativi e rischiosi (vedi derivati) per mantenere una redditività che il sistema sopra descritto non riusciva e non riesce tutt’ora a dare. Ma questo ha prodotto ulteriori crepe che non si è riusciti a chiudere e che nel tempo si sono manifestate in crisi bancarie minando la credibilità del sistema di controllo del settore da parte delle autorità preposte.
Questo ci deve rendere cauti nel perseguire paradigmi economici per il nostro sviluppo senza discuterne i pregi e soprattutto i difetti, altrimenti il risultato è di sposare un sistema a noi estraneo che rischia solo di esacerbare, senza risolvere, i problemi preesistenti.