Dopo aver preso tutte le leve del governo Hitler accantonò immediatamente la retorica e gli slogan a favore del lavoro che gli avevano permesso di ottenere molti voti. All’interno del partito c’erano figure come Ernst Röhm, capo delle SA, che propugnavano una seconda rivoluzione dopo essersi insediati nelle stanze che contavano.
Il programma di questa fazione era semplice, liquidare completamente la vecchia classe dirigente conservatrice, dagli uomini d’affari ai generali prussiani. Quest’ultima visione però non era affatto condivisa da Hitler, che voleva consolidare il potere e non aveva intenzione di mettere in pericolo l’economia e quindi la stessa esistenza del regime che aveva bisogno di tempo per consolidarsi.
Ai Gauleiter che governavano gli Stati tedeschi aveva detto il 16 luglio:
“La rivoluzione non è una situazione permanente, e non si deve permettere che essa dia luogo a una tale situazione. La corrente della rivoluzione, una volta messa in moto, va guidata entro i saldi canali di una evoluzione… Così noi non dobbiamo metter fuori un uomo d’affari, se è un buon uomo d’affari, nemmeno nel caso che egli non sia nazionalsocialista, specie se il nazionalsocialista che dovrebbe prenderne il posto non sa nulla circa il mondo degli affari. In tale modo, l’unico criterio deve essere l’abilità… La storia non ci giudicherà in base all’avere estromesso e imprigionato il maggior numero possibile di uomini dell’economia, ma in base al nostro esser riusciti nell’opera di procurar lavoro… Le idee del nostro programma non ci obbligano ad agire come degli sciocchi e a sovvertire tutto, ma ci impongono di attuare in modo giudizioso e attento i nostri principi. A lungo andare, il nostro potere politico sarà tanto più saldo, quanto più riusciremo a consolidarlo economicamente. Perciò i governatori degli Stati debbono badare a che nessuna organizzazione del partito assuma funzioni governative, licenzi date persone e ne nomini altre per varie cariche, ciò essendo di esclusiva competenza del governo del Reich e, per quel che riguarda le aziende, del ministro dell’Economia del Reich.”
La rivoluzione per Hilter era politica, in ambito economico nulla doveva cambiare e infatti nulla cambiò. Licenziò i nazisti radicali che volevano prendere il controllo delle associazioni degli industriali e persone come Krupp e Thyssen tornarono ad occupare le posizioni precedenti. All’interno del governo il ministro dell’economia Hugenberg fu prontamente licenziato e al suo posto venne messo Kurt Schmitt, direttore generale dell’Allianz con vasta esperienza nel mondo degli affari nonché grande finanziatore del partito nazista.
Le promesse che avevano guidato dentro il partito molti disoccupati e le persone messe sul lastrico dalla crisi erano state accantonate rapidamente. La disillusione aveva cominciato a prendere piede, soprattutto nelle SA di Ernst Röhm. Queste ultime rappresentarono per i mesi successivi la vera opposizione alla normalizzazione attuata da Hitler in campo economico.