A più di un mese dalla non scontata riapertura delle scuole, molti sono stati i problemi che si sono presentati. Forse sarebbe meglio dire ripresentati: da ultimo, quale segno di una “resa invincibile”, il ritorno della didattica a distanza. I problemi che erano a monte ovviamente rimangono.
Durante la consueta programmazione degli organici, delle immissioni in ruolo e delle graduatorie dei docenti, i punti critici emersi sono stati grossomodo tre: la carenza di adeguati e sufficienti materiali didattici, l’adeguamento degli spazi alle nuove direttive Covid e da ultimo, ma non ultimo, la ricerca di insegnanti: sicuramente il nocciolo del problema. Le direttive e le tempistiche adottate dal Ministero per tramite degli uffici didattici regionali hanno costretto tutti i dirigenti scolastici a vedersela con l’incubo delle “cattedre vuote”. Destinati a essere coperti da docenti precari con contratti di supplenza a scuola già iniziata, troppi posti disponibili per le immissioni in ruolo sono tutt’ora delle caselle vuote. A fine settembre su una stima sindacale di posti vacanti superiore a 170 mila, il Ministero aveva annunciato poco più di 130 mila contrati a tempo determinato, di cui 110mila già assegnati. Oltre la metà dei posti totali corrispondono alle cosiddette “cattedre vuote”, sono cioè posti rimasti vacanti dopo le assunzioni a tempo indeterminato, perché mancante il docente titolare del cosiddetto “organico di diritto“, quello composto dalle cattedre assegnate annualmente in base al numero di alunni iscritti e di classi previste. A inizio mese il ministero dell’Istruzione aveva annunciato 84mila immissioni in ruolo, ma erano solo poco più di 20mila i posti effettivamente assegnati e oltre 60mila le cattedre rimaste vacanti. La ragione, come già accaduto in passato, è che le graduatorie da cui attingere in alcune regioni o per alcune classi di concorso (ovvero le materie di insegnamento scolastico) erano esaurite. Quindi a dispetto dei molti annunci sulle immissioni in ruolo, le cattedre si sono trovate ad essere coperte con supplenze annuali ovvero con docenti che assumono ogni anno l’incarico fino al 31 agosto dove rimangono posti scoperti. Le assegnazioni quindi sono state effettuate sistematicamente ad anno scolastico ormai iniziato, con relativi disagi per le scuole, costrette a “tappare i buchi” al momento del rientro in aula. La “call veloce”, il secondo giro di chiamate che avrebbe dovuto consentire ai docenti vincitori di concorso – ma non ancora titolari di cattedra – di spostarsi in una regione dove trovare dei posti vacanti nella propria classe di insegnamento, è un buco nell’ acqua. Infine vale poi la pena fare solo menzione anche di quei posti aggiuntivi, riferibili al cosiddetto “organico di emergenza”. E’ stato istituito in adeguamento alle misure anti-contagio attraverso un budget specifico assegnato agli uffici scolastici regionali che lo potranno spacchettare tra personale Ata e docenti in base alle esigenze delle scuole del territorio.
Ricordiamoci che veniamo dai tre mesi vacanze scolastiche estive. Perderne più di uno poi per la disorganizzazione del Ministero dell’ Istruzione, per le procedure farraginose e per i tentennamenti da Covid, e nel giro di una settimana tornare alla didattica a distanza significa alzare la bandiera bianca: non essere capaci di prenderci cura dei nostri ragazzi è una cosa inaccettabile.