Torniamo al 1937, anno nel quale Goebbels, Ministro della Propaganda del Terzo Reich dal 1926 al 1945, organizza la mostra intitolata Arte degenerata e dedicata alla denigrazione delle opere di avanguardia.
Per confermare la tesi di base che considerava le nuove forme artistiche come arte impura, oltre ad un allestimento volutamente caotico, autori e insegnanti tedeschi, quindi puri e perfetti, vennero comparati agli artisti ebrei considerati degenerati.
Nello stesso anno Hitler, da grande appassionato di rappresentazioni grafiche ed escluso dall’accademia di belle arti, organizza sempre a Monaco, una nuova mostra intitolata Arte tedesca, con l’intento di esporre alla popolazione la bellezza e la perfezione di un popolo impeccabile.
Per dimostrare il suo scopo si servì non solo di sale espositive pulite e ordinate, quindi completamente opposte a quelle allestite per Arte degenerata, ma anche di un edificio nazista (chiamato Haus der Kunst) con un’architettura filoellenica progettato dall’architetto tedesco Paul Troost tra il 1933 e il 1937.
Se nel 1937 queste erano le idee di base del regime nazista, gli Stati Uniti d’America avevano un’idea totalmente opposta: infatti nel 1936 Alfred Barr, direttore del Moma (Museum of Modern Art) di New York organizza la mostra Cubism and Abstract Art con l’intento di comprendere le stesse avanguardie che la Germania aveva denigrato. Nelle sale infatti troviamo correnti come il purismo, il futurismo, il bauhaus e l’arte astratta con ambienti dedicati ai maestri del calibro di Mondrian, Le Corbusier, Breuer, Man Ray, Cézanne, Picasso e Braque.
C’è ovviamente da chiedersi come mai un museo situato oltreoceano possedesse così tante opere europee di maestri europei con ovvia predilezione per correnti artistiche europee.
Il regime nazista non le ha semplicemente volute. Come detto in precedenza, Hitler in primis considerava gli stili moderni prodotti di degenerazioni moleste contro la nazione e contro il popolo tedesco puro, quindi dopo aver mostrato a tutta la nazione l’immoralità di queste opere, il regime decise di venderle all’asta per finanziare il Reich. Una delle vendite rimaste alla storia anche grazie ad una famosa fotografia, è quella fatta nel 1939 alla Galerie Fisher di Lucerna in Svizzera, nella quale vennero battuti all’asta ben 126 capolavori, tra i quali l’autoritratto del 1888 di Vincent Van Gogh dedicato all’amico Paul Gauguin.
Stiamo pian piano cominciando ad intuire la vera risposta alla domanda iniziale. Ma chiaramente le vicende non sono ancora concluse.
A venerdì prossimo!